Gli errori di Christine Lagarde e il loro peso

Il cerchiobottismo non ha dato i frutti sperati. La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha ammesso parte dei propri errori

Gli errori di Christine Lagarde e il loro peso

La Banca centrale europea (Bce) ha deciso di alzare i tassi dello 0,75%, aumento che sommandosi allo 0,5% deciso a luglio, porta il costo del denaro al +1,25%.

Al termine della riunione della Bce dell’8 settembre, la presidente Christine Lagarde ha ammesso che sono stati fatti errori nel prevedere il corso dell’inflazione. Errori della Bce di cui si assume la responsabilità in qualità di presidente, sottolinea Lagarde. Non è stato tenuto debitamente conto degli strascichi che il Covid ha lasciato sull’economia, dello stravolgimento geopolitico in Ucraina e le ingerenze russe sui prezzi delle energie. Per approfondire l’argomento occorre spostarsi negli Stati Uniti d’America.

Usa

La Federal Reserve, la banca centrale americana, non è stata attendista. Ha attuato una politica monetaria più aggressiva già durante l’estate e i risultati si vedono. L’inflazione è scesa all’8,5%, ancora più di quanto immaginato (e forse auspicato) e, inoltre, si è trattato del primo calo dal mese di gennaio del 2021.

In Europa l’inflazione è al 9,1% e, benché il paragone possa sembrare esaurito nel confronto tra percentuali, occorre sottolineare che la Bce valuta quella che si chiama “core inflation”, ovvero l’inflazione che esclude il costo dell’energia e parte degli alimentari. Al netto di queste due voci, l’inflazione che fa da Stella Polare per l’Eurotower è del 5,5%. La Fed americana invece ragiona sull’inflazione senza imbellettamenti e agisce di conseguenza. Non è una differenza da poco, come certificano i risultati ottenuti.

Le decisioni politiche in ambito economico

Nel corso dei mesi Christine Lagarde ha preferito rimanere immobile per non rimanere schiacciata tra chi voleva misure decise sin da subito e tra chi voleva invece una politica attendista. Di fatto, prima della decisione di alzare di 75 punti i tassi direttori, i tecnici del settore si domandavano quanto una politica aggressiva potesse essere dannosa. L’euro, nodo nevralgico di tutta la questione, ha perso il 4,2% negli ultimi 9 mesi e, anche questa, è una forma di inflazione. Il denaro vale meno, ne occorre di più per comprare un bene o un servizio. Altro aspetto che avrebbe dovuto indurre la Lagarde a ignorare gli attriti interni e fare ciò che andava fatto.

Jerome Powell, il numero uno della Fed, si è impegnato a difendere il dollaro e, sottolinea Il Sole 24 Ore, è ancora intenzionato a farlo e ciò significa che pensa anche ai consumatori e, di conseguenza, all’economia. La Lagarde sembra pensare alle aziende e di conseguenza, ai consumatori. L’economia, però, parte dai consumatori, dai singoli individui, dalle famiglie che acquistano, consumano, si spostano, spendono.

Dopo la decisione di ieri le borse e gli spread non hanno subito scossoni: Milano ha chiuso a +0,88%, Madrid a +0,77%, Parigi e Londra a +0,33%. Al di là dell’Oceano il Dow Jones ha chiuso in salita dell’1,4% ma era già al rialzo (+0,54%) quando la Bce ha comunicato di avere aumentato i tassi di 75 punti base.

Ciò significa che i mercati si aspettavano che la Bce avrebbe scelto questa strada e i risultati, quelli veri, saranno da apprezzare nei prossimi mesi. I mesi scorsi, invece, ci insegnano che l’attendismo non ha premiato.

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