Se la grande crisi post Lehman Brothers aveva suonato l'allarme, la pandemia ha scoperchiato la fragilità finanziaria delle famiglie italiane, del tutto impreparate a uno choc sul proprio reddito. Per Stefano Volpato, direttore commerciale di Banca Mediolanum, è l'occasione per mettere a fuoco le reali esigenze che una famiglia deve affrontare nel tempo:
«Il Covid-19 è la dimostrazione che la vera costante nella vita delle persone è l'esistenza di sorprese e variabili incontrollabili. Il virus ha messo alla prova la salute, il lavoro, i risparmi: tre cardini della nostra esistenza. E la misura dell'ansia prodotta in questi mesi ci dice che non siamo preparati alle sorprese. Bisogna partire di qui: serve una cultura finanziaria che impatti sull'approccio che dobbiamo avere rispetto al nostro ciclo di vita. Per affrontare ogni possibile evento con le risorse che abbiamo».
Eppure gli italiani sono famosi per i loro risparmi.
«E qui sta il paradosso: sul tema dell'accantonamento delle risorse agli italiani va fatto un grande applauso: siamo leader mondiali. Pensate che se prima del Covid la percentuale di reddito lordo risparmiato era del 10%, negli ultimi 18 mesi è salita al 20%».
Cosa non va allora?
«Quello che manca: la preparazione, la cultura per fare in modo che queste risorse diventino efficienti ed esaustive, ovvero ci permettano di vivere con serenità tutte le varie fasi della nostra vita, imprevisti compresi».
In altri termini, accumuliamo risparmio ma senza poi pensare a programmare il suo utilizzo.
«È così. Pensiamo che basti avere da parte qualcosa perché non si sa mai e il 99% delle nostre esigenze finanziarie le risolviamo con il reddito da lavoro. Mentre dovremmo avere chiaro che c'è un'altra parte di esigenze, non immediate o non visibili, che non appartengono al non si sa mai. Si sa eccome invece, sono altrettanto importanti e vanno soddisfatte attraverso l'utilizzo del patrimonio».
Le elenchiamo?
«La prima cosa è eliminare i rischi dalla nostra vita: con un approccio finanziario efficiente si può fare. Impiegando una piccola parte del nostro reddito possiamo cedere quei rischi e vivere più tranquilli».
Si riferisce alla salute?
«Mi riferisco a un sistema sanitario pubblico sempre più sotto pressione, che inevitabilmente arretra. Pensi che con l'emergenza sanitaria dovuta al Covid, in Italia ci sono saltati 12,5 milioni di esami diagnostici, 20 milioni di analisi del sangue, 14 milioni di visite specialistiche un milione di ricoveri. E già ante Covid un italiano su due si era rassegnato a pagare le prestazioni sanitarie. Cosa ci dice tutto questo? Che una copertura sanitaria diventa fondamentale. E' il primo pilastro della pianificazione: eliminare i rischi».
Parliamo dei successivi.
«Il secondo tema è quello dettato dalla demografia: in Italia la media del numero di figli per famiglia è 1,2 quando il valore medio di una società in equilibrio è 2,1: significa che con il tempo va verso una società sbilanciata verso una popolazione inattiva rispetto alle generazioni che lavorano e producono. Inoltre l'età dell'indipendenza economica sta slittando sempre più in avanti: oggi arriva a 38 anni ed entro 9 anni sarà a quota 48 anni».
Dica il terzo tema.
«L'aspettativa di vita, che aumenta costantemente: il primo effetto, intuitivo, è dato da genitori considerati anziani che in realtà conducono vite pressoché analoghe a quelle dei figli: il tema è quello della sostenibilità di una vita che si allunga di interi decenni rispetto al secolo scorso».
Tiriamo le somme: da una parte c'è l'enorme risparmio degli italiani, dall'altra le esigenze finanziarie delle famiglie appena elencati. Qual è l'anello di congiunzione?
«Il punto è che se si accumula quel 20% del reddito e lo si lascia in banca si commette l'errore di non arrivare puntuali alle scadenze della vita. Le persone devono sapere che l'economia reale può finanziarie le proprie esigenze. Se aggancio il mio risparmio all'economia mondiale, con la massima diversificazione, otterrò ottime performance nei prossimi 10 anni».
Il comportamento degli italiani è un unicum?
«Si può dire che noi risparmiamo di più di altri Paesi, ma questi hanno reso più efficienti le loro risorse. Si pensi che nell'ultimo anno la ricchezza delle famiglie Usa è cresciuta del 15%, in Germania del 12%, in Italia solo dell'1,8%. La spiegazione è che qui il risparmio accantonato resta fermo, non si aggancia al mercato, non lavora per noi. Per gli altri invece sì».
Come si può modificare la cultura del Paese?
«Nel Paese c'è la potenzialità, ma non sappiamo fare sistema. Bisogna che lo Stato consideri l'educazione finanziaria una priorità: va introdotta nelle scuole. E' imprescindibile insegnare ai bambini la logica del ciclo di vita e la sua sostenibilità».
E poi c'è la consulenza finanziaria, naturalmente.
«È indispensabile, certo, e va selezionata per la sua capacità di orientare le nostre scelte. Il consulente che vorrei per me è quello che renda semplice i temi».
Ma qualcuno sostiene che siete cari, che i fondi costano un po' troppo, specialmente ora che i tassi d'interesse sono a zero.
«A me questa pare la ciliegina sulla torta di quella cultura che sta alla base del risparmio inefficiente. Il tema dei costi della consulenza è fuorviante. Il costo vero è quello di rinunciare al contributo efficiente del mercato. Se un capofamiglia non cede i suoi rischi a una compagnia assicurativa, espone la sua famiglia a essere finanziariamente scoperta difronte a un evento irreparabile. I veri costi insostenibili sono quelli che stiamo pagando per l'assenza di una consulenza qualificata. E se un consulente porta incremento di valore, va pagato».
Arrivano i fondi europei, ma basteranno all'economia italiana? Alle imprese servono anche i nostri risparmi?
«Questo è un tema fondamentale.
Il risparmio che finanzia l'impresa per poi essere da questa remunerato a sua volta: agganciare il proprio risparmio ai mercati significa entrare nell'economia mondiale, perché c'è la massima diversificazione, e così si aggancia il proprio risparmio a un treno che corre velocissimo, trovando la soluzione delle nostre esigenze».
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