La Fed si avvia a rallentare la velocità dei rialzi dei tassi di interesse. Pur ribadendo l'impegno a riportare l'inflazione al 2%, la banca centrale americana appare orientata a frenare la stretta al costo del denaro, la più aggressiva dagli anni 1980 per combattere un caro prezzi schizzato ai massimi da 40 anni.
I verbali della riunione dell'1 e 2 novembre spianano la strada a una stretta dello 0,50% in dicembre, e certificano la possibilità di una recessione il prossimo anno. Le chance che si verifichi sono al 50 cento. L'economia americana ha finora tenuto all'ondata di rialzi della Fed, ma gli ultimi dati macroeconomici iniziano a indicare un rallentamento. Fra questi l'indice Pmi composto calato in novembre per il quinto mese. In Europa invece è salito a sorpresa, segnalando come una recessione nell'area euro potrebbe essere meno grave del previsto grazie al raffreddamento dell'inflazione. Secondo gli economisti l'economia globale è rallentata nel 2022 ma meno delle attese e quindi il mondo potrebbe essere in grado di evitare una profonda battuta d'arresto nel 2023. Sulle previsioni però incombono molte incertezze: dalla guerra in Ucraina alla Cina, che potrebbe imporre altre misure draconiane per contrastare il Covid.
Con la stretta al costo del denaro già effettuata l'istituto di Jerome Powell (in foto) ritiene comunque di aver messo al sicuro l'economia Usa dai maggiori rischi dell'inflazione. Anche se i rialzi infatti proseguiranno non dovrebbero più esserci, almeno di sorprese, ritocchi da 75 punti base.
«Una maggioranza sostanziale dei partecipanti ritiene che un rallentamento della velocità dei rialzi potrebbe essere presto appropriato», afferma la Fed nei verbali dell'ultima riunione mettendo in evidenza come una frenata consentirà di valutare nel dettaglio gli effetti delle decisioni di politica monetaria sull'economia».
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