L'economia italiana soffre. E a soffrire in modo particolare sono le piccole e medie imprese, sulle cui spalle grava un onere annuo di circa 10 miliardi "per adempimenti fiscali (amministrativi, rapporti con gli uffici, tenuta contabilità, versamenti), quasi il 50% in più della media dei paesi Ue". È quanto emerge dall’indagine Cer-Confcommercio. La complessità del sistema di prelievo "costituisce un ulteriore fattore di penalizzazione dell’economia italiana". Secondo le graduatorie stilate dalla Banca mondiale e i calcoli effettuati dal Dipartimento della funzione pubblica, infatti, l’Italia si colloca al 131° posto (su 185) nella graduatoria sulla complessità degli adempimenti fiscali. Ogni azienda italiana dedica l’equivalente di 269 ore di lavoro l’anno ad adempimenti fiscali, il doppio della Francia, il 60% in più della Spagna, il 30% in più della Germania, 85 ore in più della media dei paesi Ue ed Efta.
Potere d'acquisto ai livelli pre crisi solo nel 2036
A causa della crisi "ogni famiglia italiana ha registrato, in media, una riduzione del proprio potere d’acquisto di oltre 3.400 euro". La dimensione raggiunta dalla caduta dei redditi è tale che, "se pure si riuscisse a tornare alle dinamiche di crescita pre-crisi, bisognerebbe comunque aspettare fino al 2036 per recuperare il potere d’acquisto perduto. In termini reali, il reddito è in flessione ininterrotta dal 2008, con una contrazione cumulata dell’8.7% e una perdita complessiva di 86 miliardi di euro".
Troppe tasse
Nel 2013 il numero di giorni di lavoro necessari per pagare tasse, imposte e contributi "raggiungerà il suo massimo storico: 162 giorni (ne occorrevano 139 nel 1990 e 150 nel 2000); ne occorrono 130 nella media europea (-24% rispetto all’Italia)". Si tratta di "un inasprimento che aggredisce un monte redditi già declinante, contribuendo così sia a comprimere la domanda aggregata, sia a scoraggiare l’offerta di lavoro». La complessità del sistema di prelievo costituisce «un ulteriore fattore di penalizzazione".
Consumi, mai così male in quasi 70 anni
I consumi delle famiglie, "nel 2009 ancora capaci di contrastare gli effetti della Grande recessione mondiale, sperimentano oggi una flessione di dimensione mai registrata nei quasi 70 anni di vita della Repubblica italiana". Assistiamo, rivela l'indagine di Confcommercio, "alla disintegrazione di quei fattori che in passato avevano contribuito a stabilizzare il ciclo della nostra economia". Gli investimenti in costruzioni, si legge nell’indagine, "i cui andamenti hanno sovente compensato il ripiegamento congiunturale delle altre componenti della domanda aggregata, registreranno a fine anno la sesta riduzione consecutiva; la produzione industriale, nonostante il comparto manifatturiero sia impegnato in uno sforzo di espansione sui mercati mondiali, è scesa di oltre il 4% nel primo trimestre e non ha mostrato segni di ripresa nel bimestre aprile-maggio".
Rischi dall'aumento dell'Iva
L’aumento dell’Iva, si legge nell'indagine Cer-Confcommercio, "determinerebbe pronunciati effetti regressivi". Proprio per questo conviene spostare la tassazione dalle persone alle cose. Sostituire una minore Irpef con una maggiore Iva penalizzerebbe le famiglie comprese nel primo 50% della distribuzione del reddito, con perdite comprese fra 200 e 50 euro per nucleo familiare.
Se la sterilizzazione dell’Iva fosse stata decisa già in sede di legge di stabilità, ne avrebbero tratto vantaggio le famiglie del primo 30% della distribuzione del reddito. Per le famiglie meno abbienti e gli incapienti, il vantaggio sarebbe arrivato quasi al 2% del reddito disponibile".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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