Il ceo dell'Eni, Claudio Descalzi, è un manager abituato a parlare con i risultati. Negli ultimi giorni, tuttavia, ha sentito il bisogno di esternare le proprie convinzioni. Prima ha espresso netta contrarietà a una nuova tassazione degli extraprofitti delle imprese energetiche, mentre ieri alla Giornata dell'economia di Forza Italia a Milano ha criticato la transizione green che l'Europa porta avanti ideologicamente.
«Se facciamo il focus sull'automotive, che è importante, ci fa anche arrabbiare» perché la questione «è insulsa e ridicola», ha affermato. «Non voglio essere antieuropeo, ma anche la stupidità uccide e ci sta uccidendo perché dobbiamo subirla sulla base di ideologie ridicole che ci vengono dettate da una minoranza dell'Europa, non una maggioranza, e noi dobbiamo continuare a digerirle e chinare il capo morendo lentamente».
Non si tratta solo di una presa di distanza dallo stop ai motori endotermici, previsto nel 2035, e paragonato a una sorta di suicidio. Soprattutto per un'azienda come Eni che è leader nella tecnologia di produzione dei biocarburanti di nuova generazione. L'analisi di Descalzi oltrepassa il Cicero pro domo sua e mette in questione un intero scenario geopolitico.
L'Europa, ha sottolineato, «continua ad avere questo trend: il settore secondario è stato fermato, si è andati sul terziario che era sollecitato dalla globalizzazione: noi importiamo più del doppio di quello che esportiamo».
Negli ultimi cinque anni di questa Commissione Ue, «che è in continuità con la precedente, non è cambiato niente», ha rimarcato aggiungendo che «l'Europa è competitiva sull'ambiente e non sulla crescita e infatti americani e cinesi ci dicono che siamo bravissimi e intanto investono nella crescita». Quanto all'e-fuel (i carburanti prodotti per elettrolisi; ndr), ha evidenziato che «al momento non esiste: c'è solo una fabbrica al mondo che lo produce, è tedesca, ma non è ancora stato testato e non è in commercio. In più è costoso da morire. La scelta dell'e-fuel non nasce da un confronto, non c'è stata analisi, ma è solo un'opzione per partito preso». Insomma, dietro le scelte del programma Fitfor55 non c'è una strategia, non c'è la scienza ma solo l'ideologia, ossia il contrario dei principi economici. Tant'è vero che «ad oggi la raffinazione sui biocarburanti è a breakeven, mentre le altre raffinazioni perdono», ha precisato puntualizzando come l'Italia si sia rivolta all'agricoltura senza andare in contrasto con la catena alimentare. «La nostra sovranità tecnologica nella raffineria ha avuto un senso e il ciclo ci ha portato in 15 anni a avere prodotti sofisticati», ha rilevato.
Di qui il riferimento alle scelte in campo energetico di Cina e Stati Uniti. «La Cina ha diversificato il proprio mix energetico», ha detto specificando che «se tu competi con regole completamente diverse, il gioco non è lo stesso: negli ultimi anni la nostra competizione era sul ridurre le emissioni, la loro per crescere ed essere sovrani dal punto di vista energetico.
E poi ci chiediamo perché crescono più di noi?». La stessa riduzione delle emissioni di CO2 in Europa non è, al momento, un motivo di orgoglio. «È solo perché la produzione è stata spostata altrove nel mondo», ha concluso. E dove non si produce non c'è crescita.
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