Nel momento forse peggiore della loro storia, le Ferrovie dello Stato annunciano che il bilancio del 2019 ha toccato nuovi record di risultati, i migliori in 115 anni. Sembra una beffa. Numeri tutti in brillante crescita, con ricavi a 12,4 miliardi di euro (più 3%), un ebitda di 2,6 miliardi (più 5,4) e un utile netto di 584 milioni. Se e quanto di questi profitti venga destinato all'azionista unico Mef, sarà lo stesso ministero a deciderlo prima dell'assemblea. Due le spinte contrapposte: da un lato il principio di prudenza che indurrebbe a tesaurizzare capitale in considerazione dei tempi, dall'altro il bisogno famelico di risorse per uno Stato dai conti pubblici sempre più in difficoltà complice la crisi indotta dal coronavirus.
Lo scorso anno le Fs si sono distinte come il primo gruppo industriale nazionale per investimenti realizzati in Italia: 8,1 miliardi, più 8,4%. Un altro dato è importante: dei 12,4 miliardi di fatturato, 10,2 sono stati distribuiti a personale e fornitori, dando una grossa spinta all'economia; il gruppo contribuisce in modo diretto, indiretto e indotto alla crescita del Paese con 1,4 punti percentuali di Pil. I mezzi propri sono cresciuti dello 0,6% a 42,3 miliardi, la posizione finanziaria netta è in aumento a 7,7 miliardi, i dipendenti sono passati da 82.944 a 83.764.
Fin qui i bagliori del recente passato. La realtà di oggi è ben diversa, ma le parole dell'ad Gianfranco Battisti vogliono essere rassicuranti: «Il gruppo è già pronto a ripartire con un piano straordinario di accelerazione degli investimenti in infrastrutture ferroviarie e stradali (Fs holding possiede anche Anas, ndr) per oltre 20 miliardi di euro entro il 2020».
Battisti è consapevole che per la ripresa del dopovirus sarà importantissimo spingere il volano keynesiano delle opere pubbliche. E spiega: per la fase post pandemica si stanno preparando «strategie che si adatteranno al mondo inevitabilmente cambiato e le modalità di viaggiare saranno molto diverse da quelle di oggi».
In questo momento il gruppo Fs sta svolgendo un'attività ridotta, concordata con il ministero dei Trasporti e tesa a non far mancare il servizio ritenuto essenziale per il Paese. Ogni giorno stanno circolando circa 1.
750 treni sugli oltre 7mila a regime, e cioè il 25% del traffico regionale, otto frecce e sei Intercity: niente di più. In periodo normale i treni regionali Fs sono 6.500 (esclusa Trenord), le Frecce 300, 120 gli Intercity. Consolazione: tengono le merci (meno 25%), cresce del 10% il trasporto di beni commestibili.
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