Gabriele Galateri di Genola annuncia il suo prossimo addio a Generali. Il manager, finora nella rosa di candidati al rinnovo del vertice per la lista del cda, ha fatto un passo indietro annunciando che, dopo undici anni alla presidenza e sette alla vicepresidenza del Leone, non si presenterà al rinnovo del board in agenda con l'assemblea del 29 aprile. La notizia era nell'aria: nella battaglia campale per il controllo della compagnia assicurativa un ruolo cruciale lo avranno gli investitori istituzionali (al 34,75% del capitale del Leone a cui si aggiunge un altro 7,93% detenuto da fondazioni e trust) per cui le formule magiche sono due: indipendenza dei consiglieri e quote rosa. Caratteristiche che non appartengono al presidente.
«Questa lunga esperienza mi porta a condividere pienamente il desiderio di rinnovamento del consiglio che credo sia in definitiva la base della valutazione della mancanza di indipendenza da codice di autodisciplina, come fatto preclusivo alla mia permanenza nella carica di presidente», ha commentato Galateri in una lettera ai consiglieri per poi ribadire: «Uscirò dal consiglio in piena serenità e unità d'intenti».
La comunicazione del presidente ha preceduto i lavori del board riunitosi ieri per restringere la rosa di candidati per la lista del cda passando dalla trentina di nomi della long list a un elenco più contenuto, tra i 15 e i 20 papabili. La lista definitiva dovrebbe essere approvata nella riunione del 14 marzo. Oltre all'ad Philippe Donnet, in corsa per il suo terzo mandato, dovrebbero essere confermati anche Clemente Rebecchini, direttore centrale di Mediobanca (azionista al 12,8% del capitale e con il 17,2% dei diritti di voto), Antonella Mei-Pochtler e Diva Moriani che alcuni osservatori vedono come possibile candidata alla presidenza. Slitta alla prossima settimana la cooptazione nel board di tre membri destinati a sostituire i consiglieri che a gennaio, in un crescendo di polemiche sfociate anche in esposti in Consob, hanno detto addio al cda: Francesco Gaetano Caltagirone e Romolo Bardin (ad della Delfin di Leonardo Del Vecchio) e «per motivi personali» Sabrina Pucci, ritenuta vicino alla Fondazione Crt. E, proprio in relazione «alle tensioni nel corpo sociale degli ultimi tempi che Generali certo non si merita» Galateri ha espresso il proprio «rammarico».
Dopo alcune scaramucce su operazioni decise dal management e poco apprezzate da Caltagirone e Del Vecchio, la guerra è scoppiata sulla decisione del cda di procedere alla presentazione di una propria lista guidata da Donnet, percorso voluto da Mediobanca e da De Agostini (in uscita).
Caltagirone (all'8,04% del capitale), Fondazione Crt (all'1,713%) e Del Vecchio (al 6,618%) hanno fin da subito contestato la scelta, dando vita lo scorso settembre a un patto di consultazione da cui, pochi giorni fa, si è sfilato l'imprenditore romano per evitare eventuali ostacoli autorizzativi da parte dell'Ivass e proseguire nei lavori per la formazione di una lista e di un piano alternativi per lo sviluppo delle Generali. Fondazione e Del Vecchio hanno ribadito martedì gli obiettivi iniziali e la sussistenza del vincolo di consultazione sul Leone.
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