Giù i prezzi, ora nemmeno i brillanti sono per sempre

De Beers sconta il listino fino al 15%: è la prima volta. Pesano la tutela dell'ambiente e le gemme sintetiche

Giù i prezzi, ora nemmeno i brillanti sono per sempre
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L'amore è eterno e un diamante è per sempre. Fino a qualche tempo fa lo slogan funzionava. Adesso non più. Adesso che il divorzio è breve e il Cybermonday mette in saldo brillanti insieme a elettrodomestici, smartphone e biancheria per la casa senza tante differenze, crollano le certezze e cambiano le regole e le logiche del mercato dell'ambito diamante. Non è tanto (o non solo) questione di cinismo, quanto di tempi, trend e strategie aziendali che cambiano. Succede così quando il colosso più scintillante De Beers decide di scontare del 10-15% i suoi preziosi e sognati brillanti in occasione del Cybermonday, appunto.

Mai successo niente di simile nel comparto minerario. Si tratta dello sconto maggiore nella storia delle pietre preziose. Si tratta, in poche parole, di una mossa epocale. E il bello o il paradosso è che a farla è proprio il big e l'icona del settore, nonché l'autore del famoso claim pubblicitario «un diamante è per sempre», lanciato da De Beers nel 1947, premiato come slogan del secolo nel 1999 dalla rivista Ad Age e diventato nell'immaginario collettivo o perlomeno in quello femminile l'icona romantica e l'oggetto del desiderio per eccellenza. L'azienda, fondata nel 1988 e ora nell'orbita di Angol American, non commenta. Ma sembrerebbe che, dietro la mossa, ci siano una serie di ragioni con cui non solo De Beers, ma l'intero comparto debba fare i conti.

Se storicamente i diamanti, al pari dell'oro, hanno sempre rappresentato un investimento sicuro, un bene rifugio, una sorta di tesoretto su cui poter contare e con cui poter brillare, tanto da crescere di valore e da riflettere un andamento di mercato positivo e in crescita costante, adesso iniziano a mostrare qualche ombra e incrinatura.

A incupire la scena schiere di Millennials e Gen Z che, più attenti alla sostenibilità e meno sensibili al mito di sposarsi con un «brillocco» al dito, ci pensano due volte prima di acquistare un solitario. Preferiscono puntare su diamanti sintetici. Prodotti in laboratorio, sono meno cari - viaggiano su cifre inferiori fino all'80% rispetto a quelli naturali brillano allo stesso modo, fanno comunque scena, senza però avere il minimo impatto sull'ambiente o sulle condizioni di chi li estrae. Insomma, vincono a mani basse. Almeno in teoria.

Bisogna infati vedere nella pratica che reazione suscitano nel mondo femminile meno acerbo. Se al microscopio diamanti naturali e sintetici sono pressoché identici, non è per niente detto che lo siano all'occhio delle Marilyn Monroe del Terzo Millennio, anzi. Un rischio che, stando al recente report intitolato «The diamond industry is at an inflection» e firmato Mc Kinsey, non pare però preoccupare. L'indagine conferma che con la ripresa dei matrimoni dal post Covid in avanti il mercato dei diamanti sta registrando una progressiva flessione. A determinarla il calo della domanda che però, mentre pian piano scalfisce l'andamento dei diamanti naturali, al contempo illumina la scena di quelli creati in laboratorio, considerati più etici, accessibili e per questo destinati a diventare ambassador di un lusso più consapevole. E dunque destinati a una domanda crescente. E mentre De Beers risponde al cambio di tendenza con lo sconto scintillante, sperando forse che così le sue gemme possano andare incontro all'ideale lucente e alle tasche di molti, Tiffany & Co si gioca la carta della tracciabilità. La maison, che ha fatto sognare con i suoi gioielli persino Audrey Hepburn, è la prima al mondo «a rendere noto già dal 2020 l'intero percorso di lavorazione dei propri diamanti dai 0.

18 carati, registrati singolarmente - comunica il brand - e a condividere con i propri clienti le informazioni relative alla regione o Paese d'origine, al luogo in cui ogni diamante è stato tagliato, lucidato, classificato e certificato e poi montato su un gioiello». Che difficilmente persino le agguerrite Miss Millennials e Gen Z scambierebbero con un fac simile sintetico.

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