Le procure hanno lanciato un'Opa su Piazza Affari. È la sensazione che si ha scorrendo le ultime relazioni semestrali alla voce «rischi e contenziosi». Sono infatti decine le società sotto inchiesta della magistratura. Alcune direttamente, altre per colpa di manager o ex vertici, altre ancora alle prese con pesanti eredità del passato. Con i faldoni aperti dai pm deve fare i conti anche il business, tanto che gli analisti delle banche d'affari sono costretti a tenere in considerazione, nei loro studi, non solo le previsioni su utili, margini e congiuntura ma pure le conseguenze delle battaglie in tribunale. Che sono lunghissime.
Il problema affligge anche i colossi industriali partecipati dallo Stato. Come l'Eni, che con una capitalizzazione di 57 miliardi, è uno dei titoli più pesanti sul listino milanese per valore di mercato. Il colosso petrolifero deve gestire contenziosi in materia di salute, sicurezza e ambiente ma soprattutto i procedimenti pendenti in Italia e all'estero sull'acquisizione nel 2011 di un giacimento nigeriano nonché su «presunti pagamenti corruttivi» in relazione al contratto firmato dalla controllata Saipem in Algeria. La stessa Saipem ha ricevuto in questi giorni dalla Procura di Milano una informazione di garanzia e una richiesta di documentazione nell'ambito di un nuovo procedimento penale, per il presunto reato di corruzione internazionale, in relazione a un contratto assegnato nel 2011 da Petrobras a Saipem SA e Saipem do Brasil.
I tempi della giustizia italiana non sono, però, quelli del mercato e l'incertezza può penalizzare anche l'andamento del titolo in Borsa o le chances di rilancio di un'azienda, come dimostra la vicenda del Monte dei Paschi. L'istituto senese è ancora alle prese con gli strascichi giudiziari sul flop Antonveneta e sui derivati Alexandria. Il prodotto, strutturato nel 2009 con Nomura ha pesato a lungo sui bilanci di Rocca Salimbeni al punto che all'inizio dell'anno la Bce ha chiesto di chiuderlo in anticipo. Al 30 giugno l'esposizione di Mps nei confronti della banca giapponese è scesa al 24,3% dei fondi propri, rientrando così nel limite regolamentare del 25% fissato da Francoforte. Alexandria resta ancora al centro di una causa avviata dalla stessa Nomura al tribunale di Londra nel 2013 e il caso potrebbe risolversi con una transazione analoga a quella siglata lo scorso anno con Deutsche Bank per il derivato Santorini. Ma per una banca come il Monte, in attesa di un cavaliere bianco che finanzi il rilancio, qualsiasi ombra può spaventare l'eventuale pretendente. Quanto alle big del credito, Intesa Sanpaolo ha ricevuto una contestazione dalla Guardia di Finanza per la controllata lussemburghese Eurizon Capital Sa che non avrebbe dichiarato al fisco italiano 731 milioni di euro di redditi conseguiti nel Granducato. Il contenzioso nasce da una verifica relativa ai periodi d'imposta tra il 2004 e il 2013 con una richiesta di 122 milioni per Ires dovuta, più sanzioni e interessi. Anche nella semestrale di Unicredit, alla voce «rischi e relative politiche di copertura» vengono segnalati alcuni procedimenti in corso in Italia e all'estero, tra cui i contenziosi connessi ai derivati contestati da investitori non istituzionali nel momento in cui sono stati in perdita. Fra le « tribunal chip » spuntano poi le assicurazioni di Unipol che dopo il salvataggio di Fonsai continua a fare i conti con l'eredità Ligresti e con i processi ancora aperti a Torino e Milano.
Nella semestrale di Unipol Gruppo Finanziario si legge: «Non è possibile stimare con sufficiente attendibilità l'entità del danno» che la compagnia possa ipoteticamente essere condannata a pagare agli investitori in caso di esito negativo dei giudizi civili e penali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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