Decade il "sospetto" sui prelievi. Almeno per gli imprenditori. Di fatto con la conversione in legge del dl 193/2016, il quadro della verifica fiscale viene nuovamente collocato sul fronte dell'istruttoria e non più su quello dell'accertamento. Di fatto secondo la modifica all'articolo 32, comma 1, n. 2 del Dpr 600/1973 in sede di conversione del decreto fiscale 193/2016, viene “ratificata”, come sottolinea il Sole 24 Ore, l’inapplicabilità della previsione del prelievo non giustificato dei professionisti. Sempre per i prelievi che, a questo punto, riguardano solo gli imprenditori, il nuovo decreto fissa dei limiti quantitativi, prevedendo che solamente quelli che risultano superiori a mille euro giornalieri e, comunque, a 5mila euro mensili possono eventualmente essere considerati ricavi non dichiarati. Ai professionisti, inizialmente, veniva estesa la disciplina applicabile un tempo agli imprenditori (ora riformata), disciplina secondo cui i prelievi non giustificati erano da ritenersi al pari di ricavi e, quindi, giustificavano un accertamento fiscale.
Tale equiparazione però è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale: oggi i professionisti, come i lavoratori dipendenti, sono liberi di effettuare prelievi senza dover tenere traccia del beneficiario delle somme. Per gli imprenditori, la norma precedente al decreto fiscale appena approvato stabiliva l'obbligo di dover sempre giustificare i prelievi in conto corrente.
Significa che se un imprenditore o un professionista effettuava il prelievo e non era in grado di indicare il beneficiario, si poteva ritenere che avesse acquistato in nero per rivendere altrettanto in nero. Oggi la norma è cambiata e fissa dei tetti: solo se tali limiti vengono superati c'è l'obbligo di fornire chiarimenti sul beneficiario dei prelievi.
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