Vacilla la congruità (economica) delle offerte pervenute entro la mezzanotte di venerdì ai commissari straordinari dell'ex Ilva. Tre per tutto il gruppo e sette da realtà italiane in cordata per i singoli asset. Un bilancio ufficiale, ma tutt'altro che definitivo, alla luce del fatto che a poche ore dalla consegna delle buste i commissari straordinari hanno fatto sapere che «il termine stabilito non sia da considerarsi perentorio» e che «eventuali proposte che dovessero pervenire successivamente saranno valutate esclusivamente qualora presentino condizioni particolarmente favorevoli per la procedura in corso».
Un aspetto previsto dal bando di gara che, tuttavia, fa capire che i giochi sono tutt'altro che chiusi. Anche alla luce dell'entità finanziaria delle offerte che, secondo indiscrezioni, non supererebbero il mezzo miliardo. Non un ostacolo insormontabile, che potrebbe essere quindi compensato anche dal piano, dagli investimenti e dalla tutela dei livelli occupazionali che compongono le singole offerte. Ma che, senza dubbio, è lontano dagli 1,5 miliardi stimati dai commissari stessi. Motivo per cui in qualsiasi momento, come previsto dal bando, i commissari possono decidere di non dar corso alla procedura di vendita e di iniziare trattative dirette con uno o più soggetti. O di chiedere la creazione di cordate. Ma chi sono al momento gli attori che si sono fatti avanti?
Una nota ufficiale dei commissari spiega che «tre offerte sono per tutti i complessi aziendali: la prima arriva dalla cordata Baku Steel Company CJSC + Azerbaijan Investment Company OJSC; la seconda dall'americana Bedrock Industries Management Co e la terza dagli indiani di Jindal Steel International. Sette invece sono le offerte che riguardano singoli asset. Il sistema dell'acciaio italiano si è mosso sui singoli siti del complesso Ilva, con Marcegaglia che emerge come punto di riferimento anche nell'aggregare diverse alleanze. Il gruppo di Gazoldo degli Ippoliti punta ai tre siti per la produzione di tubi: Socova a Sénas in Francia; Racconigi in cordata con Profilmec Group ed Eusider della famiglia Anghileri e Salerno, in cordata con Sideralba che è già partner di Marcegaglia per un sito in Tunisia. Sempre per singole attività, in gioco ancora Eusider, la siciliana Imc, la milanese Vitali, e la cordata creata dalla società beneventana Car Segnaletica Stradale con Monge e Trans Isole.
Al momento Baku avrebbe fatto l'offerta più alta di circa mezzo miliardo di euro. E sul fronte occupazionale trapelerebbero, comunque, in tutte e tre le offerte, dei sacrifici rispetti agli 8mila occupati circa. Una addirittura prevederebbe 3mila dipendenti in meno. «La partecipazione così significativa di grandi attori internazionali conferma che siamo sulla strada giusta per il rilancio della siderurgia italiana», rileva il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso spiegando che «questa è la fase decisiva. Responsabilità, coesione e unità di intenti», ha concluso il ministro che, all'inizio della prossima settimana, incontrerà i commissari al Mimit. Sulle spine i sindacati. Per la Fim-Cisl è «importante» arrivare ad un piano che «abbia delle basi solide e uno Stato che controlli la sua realizzazione».
Anche dalla Uilm, il segretario generale Rocco Palombella chiede la presenza dello Stato e avverte: è un percorso che «durerà ancora mesi ma nel frattempo la situazione è drammatica con quasi tremila lavoratori in cassa integrazione, produzione al minimo storico, impianti fermi e l'appalto in forte difficoltà con il ritardo dei pagamenti e degli stipendi dei lavoratori da mesi».
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