Intesa Sanpaolo va avanti, anche senza l'accordo con i sindacati. E diventa, così, il primo gruppo bancario in Italia a introdurre una settimana lavorativa di quattro giorni. L'ipotesi era già stata ventilata, adesso è realtà e sarà in pista da gennaio 2023: i 74mila dipendenti del gruppo, su base volontaria e compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive della banca, potranno aderirvi accettando di lavorare nove ore per quattro giorni settimanali (per 36 ore totali contro le precedenti 37,5 su cinque giorni). Il tutto sarà a parità di retribuzione. Inoltre, la banca guidata da Carlo Messina metterà a disposizione fino a 120 giorni all'anno di smart working, senza limiti su base mensile. E un buono pasto da tre euro al giorno quando si lavora da remoto.
La proposta che Intesa mette sul tavolo è per tutti i suoi addetti, che potranno sottoscriverla a livello individuale. L'istituto di fatto compie uno scatto in avanti dopo il mancato accordo collettivo con le principali sigle sindacali del settore. La nuova organizzazione va incontro alle «esigenze di conciliare gli equilibri di vita professionale e lavorativa e dimostra attenzione al benessere delle persone», spiega la Ca' de Sass che ha sottolineato come le condizioni attuali siano «migliorative» rispetto alle precedenti.
Si consuma però una frattura con le organizzazioni sindacali (Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin) le quali, nella nota congiunta, hanno spiegato che l'accordo non si è trovato poiché «la banca al momento non è stata disponibile a estendere lo smart working e il 4x9, nemmeno con le necessarie modulazioni, a tutti i colleghi della rete filiali». Quest'ultimi, infatti, essendo impegnati negli sportelli a contatto con il pubblico hanno maggiori vincoli di presenza e meno margini organizzativi per accedere alla nuova organizzazione del lavoro rispetto al personale degli uffici. Sotto accusa dei sindacati anche il valore del buono pasto, ritenuto troppo basso e il mancato riconoscimento «per le spese energetiche e di connessione, oltre a un contributo per l'allestimento della postazione di lavoro». Le sigle avevano inoltre chiesto alla banca di predisporre «strumenti tecnici che permettano una reale disconnessione al termine del proprio orario di lavoro».
Dopo cinque mesi di trattativa, dunque, e «alcuni passi in avanti, queste chiusure, incomprensibili visto il più che positivo andamento e l'organizzazione della banca, non hanno permesso la sottoscrizione di un accordo».
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