L'Abi di Patuelli in slalom tra fisco e crediti

Domani l'assemblea: l'associazione di Palazzo Altieri punta a regole uguali in tutta Europa. Focus sui costi

Domani mattina il presidente Antonio Patuelli debutta davanti alla platea della «sua» Abi, prendendo per la prima volta la parola dopo la fine anticipata dell'era Mussari acausa dei guai del Monte Paschi. Patuelli sta limando il discorso di proprio pugno ma, secondo quanto trapela dai corridoi di Palazzo Altieri, il banchiere dai trascorsi politici tornerà a chiedere al governo Letta di agire per far ripartire il volano dell'economia e a domandare che in Italia siano assicurate le stesse regole in vigore nel resto d'Europa, anche in vista dell'appuntamento con la Vigilanza unica.
Al palazzo dell'Eur, ad ascoltarlo per l'assemblea dell'Abi numero 53, ci saranno oltre agli associati e al parterre istituzionale, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e il ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, che poi prenderanno a loro volta la parola. Il cahier de doleance dovrebbe in particolare soffermarsi sulla maggiore «voracità» del fisco sul nostro versante delle Alpi, rispetto a quanto accade all'estero. A togliere il sonno ai banchieri, complice le stringenti regole imposte da Palazzo Koch, restano comunque soprattutto gli oltre 130 miliardi di sofferenze lasciate dalla crisi, davanti all'impossibilità delle famiglie di rimborsare il denaro ricevuto in prestito.
Da qui la probabile riflessione di Patuelli sulle norme di «Basilea 3» per quanto riguarda il capitolo degli affidamenti: in Italia, per ogni euro di attivo, oltre la metà deve avere la copertura patrimoniale, contro il 33% circa del resto d'Europa. Senza contare il peso dell'erario, visto che tra il 2009 e il 2011 le banche italiane hanno potuto dedurre solanto il 33-34% delle rettifiche. Il banchiere, pur rimarcando il ruolo svolto dal modello della «banca commerciale», ha comunque già invitato a più riprese le imprese ad accrescere la propria solidità patrimoniale, utilizzando altri canali di finanziamento, convinto che non potrà tornare quella sovrabbondanza di liquidità che ha dominato gli anni pre-crisi. Le banche dovranno poi spingere i ricavi e comprimere i costi (-2,7% le spese del personale e -1,5% quelle amministrative) secondo quella stessa idea di austerità inoculata da Bankitalia. Forse l'unico modo per puntellare margini e redditività: il Roe medio delle prime 39 banche italiane, senza considerare le componenti straordinarie dell'attività creditizia (come le svalutazioni o gli avviamenti), nel 2012 è sceso allo 0,47%, quasi due punti percentuali in meno rispetto a un anno prima.


Durante il dicorso di Patuelli, la memoria di alcuni presenti andrà probabilmente al puntuto report in cui gli analisti di Mediobanca con base a Londra - che già avevano provocato non pochi dispiaceri all'Abi, evidenziando per l'Italia la necessità di dare vita a una bad bank - hanno di recente paventato il rischio che il nostro Paese si ritrovi nelle condizioni di aggrapparsi al salvagente europeo.

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