Liquidazione in busta paga: conviene l'anticipo del Tfr?

Settanta euro in tasca oggi valgono una decurtazione del 35% a fine corsa. E la Cgia di Mestre denuncia: "Tassazione aggiuntiva per chi richiede il Tfr"

Liquidazione in busta paga: conviene l'anticipo del Tfr?

Da qualche giorno il Tfr in busta paga è realtà. Peccato che manchi ancora il decreto che dà tutte le istruzioni su come praticare nel concreto l'opzione. Poi i lavoratori dipendenti del settore privato, circa 12-13 milioni, che ne fanno richiesta potranno, se lavorano nello stesso posto da almeno sei mesi, richiedere la quota del trattamento di fine rapporto che spetta loro direttamente nello stipendio, ogni mese anziché tutta insieme. Ad aprire a questa possibilità, introdotta per ora in via sperimentale fino a metà del 2018, è stata la legge di Stabilità, tuttavia c'è già chi denuncia una scarsa adesione.

Se interessati, a partire dalla busta paga del mese di marzo i lavoratori dipendenti potranno richiedere al proprio titolare il Tfr. Ma quanti soldi prenderanno in più? L'Ufficio studi della Cgia di Mestre ha calcolato che un operaio con una retribuzione mensile netta di 1.200 euro percepirà 71 euro aggiuntivi. Un impiegato, invece, con una busta paga di 1.600 euro mensili netti al mese, chiedendo l'anticipazione del Tfr porterà a casa altri 112 euro. Un dirigente/quadro, infine, con uno stipendio mensile netto di 3.000 euro, "appesantirà" la sua retribuzione mensile di altri 214 euro. Sul fronte della tassazione, però, chiedere l'anticipo non sarà conveniente. Perché, a fronte di poche decine di euro in più al mese, non solo sarà intaccato il tesoretto per la vecchiaia ma si subirà una pressione fiscale pesantissima.

Come spiegano le simulazioni di Progetica, società di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale, il CorrierEconomia, un trentenne con un reddito attuale di 13mila euro netti l’anno, che richiederà la liquidazione in busta paga per i 40 mesi previsti, incasserà 2.800 euro netti, cioè 70 euro al mese. Al momento della pensione dovrà, però, rinunciare a 4.288 euro ricevendo il 35% in meno rispetto a quanto otterrebbe lasciando tutto in azienda. Più aumenta l’età più la perdita si riduce. Un cinquantenne con un reddito attuale netto di 26 mila euro, per esempio, riceverà 5.480 euro netti, cioè 137 euro il mese. Il taglio al Tfr sarà di 7.275 euro, ovvero il 25% in meno.

Il vero nemico dell'operazione è il Fisco. Solo ai lavoratori con una retribuzione sino a 15mila euro l’anno è applicata un’aliquota marginale del 23%. Per un lavoratore con una retribuzione lorda di 25mila euro, l'aliquota sale al 27%. E così via: 38% per chi guadagna 35 e 50mila euro lordi all'anno, 41% per chi ne guadagna 75mila euro e 43% dai 95mila in su. "Nella quasi totalità dei casi, la scelta d’incassare il Tfr in busta paga è penalizzante - spiega Giuseppe Buscema, esperto della Fondazione studi consulenti del lavoro - anche perché nella tassazione ordinaria si applicano le addizionali comunali e regionali".

Dulcis in fundo: il lavoratore verrà penalizzato anche nell'Isee (l’Indicatore della situazione economica equivalente), utilizzato dall’Agenzia delle ai fini della valutazione di numerose prestazioni sociali, fra cui le tasse universitarie.

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