Credo nel destino, penso ci siano forze che ti indirizzano e ti chiedono da che parte vuoi andare». La frase, risalente ad alcuni anni fa, è dello stesso Sergio Ermotti.
E non sorprende che la pensi così un banchiere di successo come lui, un predestinato con una vita da film che ora è stato richiamato alla guida di Ubs per gestire la complicatissima acquisizione della rivale Credit Suisse. Forse l'improvviso crollo della seconda banca di Svizzera è un altro segno del destino. Certeamente in Ubs considerano Ermotti l'uomo della provvidenza. E allora dal 5 aprile il banchiere ticinese ritornerà sulla poltrona di Ceo di Ubs, che aveva occupato per nove anni e lasciato nel 2020. Adesso succede al suo successore, quel Ralph Hamers che rimarrà come consulente nella gestione della delicata transizione.
«Abbiamo pensato a lui perchè crediamo sia la soluzione migliore per i nostri azionisti», ha sottolineato il presidente di Ubs, Colm Kelleher. Ed Ermotti assicura: «Resterò finchè mi vorranno e finchè non sentirò che il lavoro è finito». Il manager ha accettato dopo essersi dimesso da Swiss Re, dove occupava la posizione di presidente. «Il compito da affrontare è urgente e sfidante», prosegue il banchiere, che si è detto «onorato» dell'incarico che gli è stato affidato. Ermotti, 62 anni, da quasi mezzo secolo nelle banche, di tempeste ne ha attraversate parecchie. Anzi, le tempeste sui mercati hanno più volte segnato l'inizio dei suoi periodi migliori. Nel 2011 sostituisce, come Ceo a interim di Ubs, Oswald Grübel, dimessosi dopo lo «scandalo dei trader disonesti» che causò all'istituto una perdita da oltre 2 miliardi di dollari. In questo contesto, quindi, inizia un regno fortunato che portò Ermotti a essere il banchiere più pagato al mondo, con un compenso che nel 2020 arriva a sfiorare i 12 milioni di euro. Nato a Lugano nel 1960, a 15 anni lasciò la scuola per un apprendistato di tre anni alla Cornèr Banca, dove lavorava il padre. «Volevo diventare un calciatore professionista», disse una volta intervistato da Marcello Foa, «ancora oggi scambierei la possibilità di giocare la finale della Coppa dei Campioni o dei Mondiali con la mia carica di Ceo». Lui stesso ha confessato di essere stato un ragazzino con poca voglia di studiare. Ma alla Cornèr, però, trova la sua strada: decide che vuole fare il trader. E fu la sua sua fortuna: a 25 anni lo assume Citigroup, dove rimane due anni prima dei suoi 17 anni in Merrill Lynch. Un cambio che arriva nel 1987, anno funestato dal famoso lunedì nero di Wall Street.
Nel 2005 arriva in Italia, a Milano, la città della sua squadra del cuore: il Milan. A Unicredit è dirigente dei mercati azionari e dell'investment banking, poi diventa vice amministratore delegato, braccio destro di Alessandro Profumo che assiste in varie partite strategiche.
Chi lo ha incrociato nel periodo milanese, lo descrive come un dirigente capace di fare squadra, affabile, che prende decisioni ponderate e mai di pancia. La banca italiana è stata il trampolino verso Ubs, dove arriva e diventa Ceo solo 5 mesi. Da vero predestinato.
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