Marchionne chiede scusa ma l'attacco a Firenze non è piaciuto agli Agnelli

Marchionne chiede scusa ma l'attacco a Firenze non è piaciuto agli Agnelli

Ancora Sergio Marchionne a ruota libera: su Mario Monti («spero che resti in carica per tutta la vita») e in calcio d'angolo dopo la gaffe su Firenze («per rendere giustizia all'importanza e alla grandezza di Firenze mi ci vorrebbe tutta la giornata; sono italiano, amo l'Italia ma non voglio tornare alla Fiat del 2004 quando stavamo per fallire»). Il recupero in zona Cesarini, per farsi perdonare l'uscita inappropriata in un pranzo privato sulla città gigliata («piccola e povera»), non toglie però il disagio che un'affermazione del genere ha provocato all'interno della famiglia Agnelli, cioè i suoi datori di lavoro.
«Le dichiarazioni di Marchionne su Firenze non ci sono piaciute. Ma la caduta di stile è giustificata dalla vita impossibile che quest'uomo sta conducendo e si spiega con l'enorme stress al quale è sottoposto e alle continue provocazioni di cui è oggetto», dice al Giornale un componente della prima linea di casa Agnelli. La famiglia, che ha in John Elkann il punto di riferimento sulla tolda dell'impero Fiat, da un lato fa capire che Marchionne dovrebbe mordersi la lingua e riflettere («prima di rispondere, conti fino a 5») , e dall'altro riconosce il particolare momento di tensione che il top manager vive. Vero è, comunque, che gli Agnelli, più volte al centro di critiche a causa degli ingenti aiuti ricevuti negli anni per la Fiat, non possono permettersi di trovarsi, anche se di riflesso, l'opinione pubblica contro. Da qui la tirata d'orecchie indiretta a Marchionne («sono certo - afferma l'intervistato - che qualcuno gliela farà») ma, allo stesso tempo, la conferma della piena fiducia e stima nei suoi confronti: «Questa persona - continua - si è sacrificata per la nostra famiglia e la causa Fiat. Ha dell'incredibile quello che ha fatto in questi anni: ha conquistato la Chrysler con i soldi dello Stato americano, che poi ha restituito, senza mettere a rischio la Fiat. In Italia non c'è la minima percezione dello stato in cui si trova l'industria. E su “Fabbrica Italia” ha semplicemente variato il programma in funzione dello scenario». Ma a porre in forte disagio gli azionisti sono state le affermazioni su Firenze che hanno fatto il giro del mondo e, nel caso della persona che ha parlato con il Giornale, anche quelle - seppur personali - indirizzate a Matteo Renzi: «Toccare le città d'arte, simbolo del nostro Paese, tra i pochi gioielli che ci restano è proprio brutto e fuori luogo - aggiunge -; quelle pronunciate sono parole non condivisibili, anche se estrapolate da una discussione privata; ci siamo rimasti molto male. Renzi? Non è certo la persona contro la quale accanirsi; tra l'altro un mese fa aveva detto di stare con Marchionne». Dal rimbrotto alla comprensione e agli elogi. «Personalmente - osserva ancora l'intervistato - mi sentirei male se Marchionne se ne andasse. Il gruppo non ha mai avuto al timone una persona di questo calibro. E l'esistenza di un piano B, di cui qualche volta si parla, mi inquieta non poco. Tutti i giorni Sergio è bersagliato da attacchi di ogni genere. E diciamo anche che, senza il colpo Chrysler, ora ci si troverebbe in uno stato di emergenza assoluta. Altro che due fabbriche da chiudere... Ripeto, fa una vita impossibile, è sotto stress, ed è dispiaciuto che non gli sia riconosciuto lo sforzo fatto. Non vorrei che a furia di attaccarlo, si stancasse. È un uomo che, personalmente, ha un mercato mondiale. Avrà almeno una decina di offerte strapagate da corporation disposte a ingaggiarlo».
Nel giro di chiamate solo Eduardo Teodorani Fabbri, figlio di Maria Sole Agnelli, accetta di uscire allo scoperto: «È inaudito - commenta - che si approfitti di una frase ascoltata fuori dal suo contesto per aumentare il clima di tensione nel Paese».


Ieri Marchionne era a Londra, e qui ha fatto il punto sul gruppo automobilistico a due settimane dal cda sui dati del terzo trimestre: «Stimiamo che i nostri marchi di massa in Europa perderanno circa 700 milioni quest'anno. Malgrado la situazione, però, non abbiamo annunciato né licenziamenti né chiusure di impianti».

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