"La memorizzazione (…) delle fatture nella loro integralità configura un sistema di controllo irragionevolmente pervasivo della vita privata di tutti i contribuenti, senza peraltro migliorare il doveroso contrasto dell'evasione fiscale”. L’autorità garante della Privacy ci va pesante, ed entra a gamba tesa sul fisco e sull’Agenzia delle entrate riguardo la memorizzazione dei dati delle fatture elettroniche fatte dell’Agenzia nelle azioni di contrasto all’evasione fiscale in ambito IVA.
Difatti, nel decreto fiscale n. 124/2019 le Entrate avevano predisposto un provvedimento attuativo, a cui fa riferimento l’Autority, che introduceva la novità della cosiddetta memorizzazione dei file integrali relativi alle fatture per permettere controlli e attività di analisi del rischio di evasione e che resterebbero a disposizione del fisco e della Guardia di Finanza per otto anni.
Questa misura avrebbe dovuto rafforzare le azioni del fisco di contrasto all’evasione che, soprattutto a seguito dell’introduzione dell’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica ha prodotto un aumento inatteso delle entrate fiscali. Con la memorizzazione, però, come scritto in un articolod el IlGiornale.it, insieme ai dati economici contenuti nelle fatture, andavano ad essere salvati anche dati che potrebbero rientrare nella sfera personale delle persone coinvolte ma prive di un interesse fiscale diretto riguardante le azioni di controllo.
Da qui la posizione dell’Autorità garante e del suo presidente Antonello Soro:” l parere del garante non riguarda l'istituto della fattura elettronica - su cui l'Autorità si è, a suo tempo, e più di una volta espressa favorevolmente - ma le innovazioni con le quali il legislatore - e, conseguentemente, l'Agenzia delle entrate - ha esteso l'utilizzo, a fini di controllo, di ulteriori dati ricavati dalle fatture elettroniche, non fiscalmente rilevanti. Con lo schema di provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate si è infatti disposto, tra l'altro, l'utilizzo, a fini fiscali, dei cosiddetti ‘dati fattura integrati’, comprensivi di dati di dettaglio inerenti anche l'oggetto della prestazione del bene o del servizio”.
“Molti di questi dati, quali ad esempio quelli contenuti negli allegati delle fatture, non rilevano a fini fiscali - prosegue la nota del Garante - epossono invece rivelare dati di natura sanitaria o la sottoposizione dell'interessato a procedimenti penali, come nel caso di fatture per prestazioni in ambito forense o ancora specifiche informazioni su merci o servizi acquistati”. Pertanto, si tratta di un eccesso di controllo e di invadenza nei dati da parte del fisco e che è “sproporzionata in uno stato democratico, per quantità e qualità delle informazioni oggetto di trattamento, rispetto al perseguimento del legittimo obiettivo di interesse pubblico di contrasto all’evasione fiscale”.
Più nel dettaglio, il garante evidenzia che si tratta di “circa 2 miliardi di fatture emesse annualmente, inerenti tra l'altro i rapporti fra cedente, cessionario ed eventuali terzi, fidelizzazioni, abitudini e tipologie di consumo, regolarità dei pagamenti, appartenenza dell'utente a particolari categorie. Tale estensione del novero dei dati trattati dall'amministrazione fiscale contrasta con il principio di proporzionalità su ci si basano l'ordinamento interno ed europeo, ingolfa le banche dati dell'Agenzia delle Entrate rendendole più vulnerabili, perchè estese e interconnesse in misura tale da divenire assai più difficilmente presidiabili, e configura un sistema di controllo irragionevolmente pervasivo della vita privata di tutti i contribuenti, senza peraltro migliorare il doveroso contrasto dell'evasione fiscale”.
Infine, conclude l’Autority, il provvedimento voluto dall’Agenzia rappresenta una “'estensione a dati rilevantissimi per la vita privata dei contribuenti, ma fiscalmente irrilevanti e, come tali, incapaci di apportare alcun minimo miglioramento all'azione di contrasto dell'evasione. Essa va resa più efficiente, non più orwelliana. per garantire quell'equità fiscale promessa dalla Costituzione”.
Il parere negativo del Garante non trova l’appoggio da parte di alcuni sindacati e dell’ex ministro dell’Economia Vincenzo Visco, che ha dichiarato: “Mentre i giganti del web agiscono indisturbati sui dati personali di tutti i cittadini arriva una delibera del Garante della privacy contro l'introduzione della fattura elettronica che si frappone all'applicazione di una legge dello Stato, taglia le gambe all'azione di contrasto all'evasione fiscale e crea un grave precedente di conflitto con il Parlamento che richiede un immediato intervento dei ministeri competenti".
Per il presidente del centro studi Nens "è difficile da comprendere e comporta rilevanti conseguenze: da un lato frena gli effetti positivi che il processo stava iniziando a produrre in termini di semplificazione degli adempimenti e di potenziamento dell'azione di controllo da parte dell'amministrazione finanziaria; dall'altro costituisce un grave precedente perché, di fatto, rende inattuabile una norma approvata dal Parlamento" .
"In un Paese come il nostro – aggiunge Visco - dove i problemi dell'evasione e della complessità burocratica del fisco sono obiettivi primari da perseguire, è inaccettabile che non si possa conciliare, grazie alla tecnologia, l'utilizzo completo e immediato del patrimonio informativo acquisito e la tutela della riservatezza dei dati; mentre i giganti del web come Google, Amazon e Facebook gestiscono miliardi di dati personali senza alcun serio controllo, il Garante sembra concentrare le sue attenzioni sull'amministrazione fiscale". Nel contesto di una indispensabile riforma della Pubblica amministrazione, conclude il presidente di Nens, "è sempre più evidente l'esigenza di riconsiderare il potere interdittivo degli organismi di controllo per affermare chiaramente la corresponsabilità degli stessi nell'eventuale mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati all'amministrazione a causa di preclusioni e ritardi".
Non si è fatta attendere la replica del Garante che in una nota ha dichiarato: “Le affermazioni dell'ex Ministro Visco, relative al ruolo delle Autorità di garanzia e, in particolare, al recente parere del Garante per la privacy sulla fattura elettronica, sono decisamente preoccupanti. Perché fondate su una scarsa conoscenza del merito e su un'evidente ignoranza delle norme europee in materia di protezione dati".
"Ma ciò che più preoccupa - continua Soro - è lapalese indifferenza al valore dei diritti di libertà: terreno su cui le democrazie liberali si distinguono dai sistemi autoritari. Le dichiarazioni di Visco sono segni inequivocabili di scorie indigerite di vecchie ideologie con cui, evidentemente, non ha fatto i conti".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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