Meno azioni europee e più Etf. Così cambia il fondo saudita

Anche il gigantesco investitore sovrano ora punta sui prodotti finanziari che replicano gli indici di Borsa

Meno azioni europee e più Etf. Così cambia il fondo saudita

Meno titoli e più Etf. È stata questa la strategia messa in atto dal fondo sovrano dell'Arabia Saudita (il Public Investment Fund, conosciuto anche come Pif) nel secondo trimestre del 2020 in parallelo con il rimbalzo dei listini. Il fondo, fino a cinque anni semplice cassaforte delle partecipazioni petrolifere del Regno Saudita, in pochi anni è riuscito a posizionarsi al nono posto tra quelli più diversificati al mondo costruendo un'alternativa finanziaria redditizia rispetto al business dell'oro nero. E, considerando che il fondo di Riad gestisce asset per 325 miliardi di dollari, le sue mosse sono seguite da tutte le principali piazze finanziarie.

A maggior ragione quando, come tra aprile e giugno, il fondo saudita ha messo in atto una intensa attività di compravendita sui mercati internazionali con una tattica forse più simile a quella utilizzata dai trader nelle redditizie incursioni sui listini che non a quella tradizionalmente adottata dagli investitori istituzionali interessati a costruire posizioni strategiche nelle società prescelte. A marzo, complice il crollo dei listini seguito all'esplosione della pandemia a livello mondiale, l'investitore di Riad aveva puntato una consistente fiche da 7,7 miliardi sull'azionariato globale comprando, a prezzi da saldo, aziende come Eni, Citigroup, Bank of America, Shell, BP, Facebook, Total, Carnival, Live Nation Entertainment, Booking e Starbucks. Partecipazioni che si sono aggiunte a quelle preesistenti in Uber, Tesla e nel Vision Fund di Softbank. Con il rimbalzo delle Borse, il fondo sovrano presieduto dal principe Mohammed bin Salman è passato in cassa, massimizzando i profitti e vendendo titoli per circa cinque miliardi (ha liquidato le posizioni su Facebook, BP, Boeing, Marriott, Bank of America, Pfizer, Qualcomm, Ibm, Starbucks, Broadcom, Total, Shell, Disney, oltre ad aver venuto la metà delle dei titoli detenuti in Berkshire Hathaway). Pif ha quindi puntato 4,7 miliardi in Etf di azioni americane, fondi di cui è subito divenuto principale investitore. Più in dettaglio il fondo di Riad ha acquistando una partecipazione di 1,86 miliardi nell'Utilities Select Sector Spdr Fund che segue le performance delle utilities dell'S&P500; un'altra da 1,2 miliardi in un Etf specializzato in società di materie prime e infine una quota pari a 1,6 miliardi nel Real Estate Select Sector Spdr Fund che replica l'andamento delle società immobiliari del maggiore indice americano. La scelta di investire in Etf è una mossa curiosa per un fondo sovrano come Pif. L'Etf (exchange traded fund) è uno strumento finanziario quotato su mercati regolamentati (e quindi liquido) che garantisce una diversificazione low cost attraverso la riproduzione passiva della performance di un paniere di titoli (azioni, obbligazioni, materie prime e persino indici). Si tratta di fondi molto popolari, tanto che ormai, secondo i dati di ETFGI, rappresentano un mercato mondiale da 6.660 miliardi di dollari in costante crescita (i primi sette mesi del 2020 hanno attratto 373 miliardi di investimenti dai 270 di un anno fa). Gli Etf però non assicurano posti in cda né quella rete di relazioni di potere a cui potrebbe ambire chi dispone di una liquidità come quella vantata da Riad.

Senza considerare poi che Pif potrebbe aspirare a una gestione su misura in grado di garantire performance più soddisfacenti rispetto alla semplice replica degli indici. Ma con il Nasdaq e l'S&P500 sui massimi, forse anche Riad ritiene è sufficiente diversificare e seguire passivamente gli indici settoriali.

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