Ancora alla ricerca di un lido sicuro dopo il maremoto d'inizio settimana, i mercati si sono aggrappati ieri alla zattera più instabile. È quella dei sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti, calati la scorsa settimana di 17mila unità a quota 233mila, un valore leggermente al di sotto delle attese degli analisti. Trattandosi di un dato con un orizzonte temporale assai limitato, l'indice è tra i più volatili e, in genere, viene poco considerato per formulare ipotesi sullo stato di salute del mercato del lavoro. A maggior ragione in questo caso, poiché la flessione pare riconducibile al venir meno degli effetti sull'occupazione legati all'uragano Beryl.
Eppure Wall Street (+1,3% a un'ora dalla chiusura) ha colto subito la palla al balzo, imitata dall'Europa che ha ridotto le perdite accumulate durante la mattina (-0,3% Milano, +0,4% lo Stoxx600), per interpretare l'andamento dei jobless claims come un segnale che riduce i rischi di una recessione incombente. JP Morgan non sembra esserne così sicura, visto che ha alzato le chance di una contrazione del Pil a fine anno al 35% dal 25% precedente. Si tratta di percentuali ancora modeste, ma che non escludono del tutto l'evento recessivo. Soprattutto se la Federal Reserve (in foto il presidente Jerome Powell) dovesse tergiversare ancora sul taglio dei tassi. Gli analisti scommettono ancora su una riduzione dello 0,50% in settembre e su un'ulteriore riduzione di 50 punti base entro fine anno. L'andamento dell'inflazione in luglio, che sarà comunicato giovedì prossimo, assume un'importanza fondamentale in un contesto di forte nervosismo sui mercati e alla luce del calo mensile dello 0,1% di giugno (+3% annuo). L'estate ha però spesso riservato sorprese spiacevoli sul fronte dei prezzi: due anni fa, proprio in luglio, le Borse presero un colossale abbaglio sulla ritirata del carovita.
Un dato negativo potrebbe quindi scatenare un'altra svendita sull'azionario, anche se JP Morgan non vede pericoli di forte instabilità finanziaria ritenendo ormai liquidato il 75% delle operazioni di carry trade, ovvero quelle chiusure forzate di posizioni che lunedì scorso avevano messo a ferro e fuoco i mercati.
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