Il misterioso fondo Parvus al centro di Intesa-Ubi

Attivo in Italia quasi come fiduciaria, con l'8% sarebbe l'ago della bilancia in caso di fusione

Il misterioso fondo Parvus al centro di Intesa-Ubi

L'offerta di Intesa su Ubi verrà decisa dall'Antitrust, che ne definirà i contorni. In proposito i tecnici di Intesa sono al lavoro per presentare un preciso piano sugli sportelli da vendere a Bper, entro il 15 giugno. È quindi difficile immaginare che non si trovi una soluzione che soddisfi l'Autorità garante della concorrenza. Ma il punto chiave dell'operazione passa dagli azionisti istituzionali di Ubi, che saranno gli aghi della bilancia. A cominciare dal misterioso fondo Parvus AM, che detiene quasi l'8% del capitale.

Di Parvus si sa poco o niente: lo rappresenta Edoardo Luigi Raphael Mercadante, finanziere nato a Nizza e con la doppia nazionalità italiana e francese, ma non è un fondo che opera in Italia (non vende sui prodotti). Quindi non ha chiesto autorizzazioni né la libera prestazione di servizi. Non è dunque vigilato, né osservato speciale di Bankitalia, perché non ha mai chiesto di superare il 10%. E non lo è nemmeno di Consob, perché non ha superato soglie rilevanti (il 5% lo è, ma solo temporaneamente e con decisione successiva al suo superamento in Ubi).

In altri termini opera in Italia più alla stregua di una fiduciaria che di un fondo comune. Anche gli addetti sanno poco di Parvus, salvo però notare che l'investimento in Ubi balza all'occhio per le sue dimensioni relative, molto elevate. Tra i suoi investitori diversi fondi con base a Cayman Island e altri paradisi fiscali. Come si comporterà Parvus se l'Ops (offerta di scambio con la quale Intesa propone 17 suoi titoli contro 10 di Ubi) avrà il via libera? La questione potrebbe essere fondamentale. Infatti la Bce ha autorizzato l'Ops già per la soglia minima prevista da Intesa: il 50% più un'azione. Mentre Ubi sperava che il successo dell'offerta venisse vincolato alla soglia del 66%, quella che permette di deliberare la fusione con Intesa in un'assemblea straordinaria. Ma se andiamo a vedere l'azionariato di Ubi, il ruolo di Parvus (che ha acquistato il 3% circa dopo il lancio dell'Ops) sembrava fatto apposta per far bloccare la straordinaria: ipotizzando che i tre patti tra soci Ubi non aderiscano all'Ops, per un totale di circa il 27-28%, sommando l'8% di Parvus si arriva proprio al 34-35%.

La Bce ha però cambiato lo scenario: se Intesa si ferma tra il 50 e il 66% di adesioni, l'Ops sarà valida, Ubi finirà sotto il controllo di Intesa ancorché senza fusione, e ci sarà l'elevato rischio che i titoli dell'istituto bergamasco, senza più l'appeal dell'Ops, perdano un bel po' di valore. In altri termini, i soci che si saranno opposti al controllo di Intesa rischiano danno e beffa. Un caso di scuola che sicuramente, nei prossimi giorni, sarà al centro delle riflessioni degli investitori istituzionali.

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