Nello scontro con i transalpini punto decisivo a favore del Biscione

Con le prove che il progetto di scalata fosse premeditato la posizione di Cologno diventa più forte. Gli scenari strategici

Nello scontro con i transalpini punto decisivo a favore del Biscione

Sono giorni di attesa per Mediaset tra snodi giudiziari e normativi relativi alla guerra globale con Vivendi. Appuntamenti che, per quanto non singolarmente risolutivi dello scontro, potrebbero sbloccare l'evoluzione del progetto di tv europea di Mfe, portare ad altri passi nel consolidamento europeo in corso o a eventuali sviluppi nell'ambito della rete unica in via di costruzione. Proprio venerdì la Procura di Milano ha chiuso le indagini relative alla scalata ostile a Mediase, con la contestazione ai vertici di Vivendi dei reati di manipolazione del mercato e di ostacolo alle funzioni di vigilanza della Consob e con l'ipotesi che la scalata fosse premeditata. Il procedimento può trasformarsi in rinvio a giudizio o chiudersi con la richiesta di archiviazione in cui confida il gruppo d'Oltralpe, sottolineando di aver acquisito la propria partecipazione in Mediaset nel rispetto di tutte le leggi. Ma la notizia, i rilievi della Procura sulla turbolenta estate 2016 e l'avvicinarsi, in teoria, della chiusura della causa civile, potrebbero spingere Vivendi a nuove riflessioni.

Già domani è previsto il deposito delle controdeduzioni in sede civile dove Mediaset e la controllante Fininvest (a cui fa capo il 44,18% del capitale e il 45,86% dei diritti di voto) hanno fatto richiesta a Vivendi per tre miliardi per i danni subiti dal mancato perfezionamento dell'accordo di compravendita di Mediaset Premium e la successiva scalata ostile. La richiesta è tuttavia solo uno dei due fronti, interdipendenti, dello scontro tra il Biscione e Vivendi che finora ha visto i suoi diritti di voto sterilizzati 9,98%, in applicazione della Legge Gasparri, normativa dichiarata illegittima dalla Corte di Giustizia Europea lo scorso 3 settembre. Il Tar si esprimerà mercoledì 16 dicembre in merito al congelamento anche se, frattempo, il Governo ha affidato per sei mesi all'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) la verifica di effetti distorsivi del pluralismo dell'informazione dalla contestuale partecipazione in gruppi media e tlc (Vivendi è azionista di Tim con il 23,9%). I francesi non sono stati a guardare e venerdì hanno presentato un esposto alla Commissione Europea contro l'emendamento antiscalata. In questo scenario solo un accordo globale potrebbe eliminare, in tempi rapidi, lo stallo che ha portato al tramonto del progetto Mfe. Negli ultimi mesi gli scenari prospettati dagli analisti sono stati diversi, si è parlato di una fusione con la controllata (al 51% del capitale) Mediaset Espana, di un coinvolgimento della partecipata tedesca (al 24,9% del capitale) Prosieben ma anche di una eventuale apertura a Tim o Vivendi. Tutte ipotesi, accomunati da un unico presupposto: la parola fine alla querelle con Vivendi a cui fa capo il 28,8% del capitale del gruppo. Finora la comunicazione tra Cologno Monzese e Parigi si è arenata, almeno a quanto risulta, di fronte all'indisponibilità dei francesi di transare sulla richiesta di danni.

A livello strategico e industriale invece, ancora a fine novembre, la società guidata da Pier Silvio Berlusconi (nella foto) ribadiva di sostenere da sempre l'ipotesi di un forte piano industriale condiviso per avviare operazioni di sviluppo europeo, pur evidenziando non aver ricevuto alcuna lettera dal board di Vivendi per costruire un'alleanza industriale in Europa.

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