L'ipotesi di far scattare l'embargo sul petrolio russo è ancora in alto mare. Come trapela da alcune fonti di Bruxelles, infatti, il tema non sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri degli Esteri Ue. "Abbiamo appena completato il quinto pacchetto di sanzioni che ha aggiunto misure economiche e individuali alla Russia, dichiara un funzionario europeo. "Ma il petrolio richiede l’unanimità tra gli Stati membri e l’Europa è dipendente dall’energia russa, dunque si tratta di una questione complicata dal punto di vista tecnico e politico".
Era stato l'Alto Rappresentante dell'Unione, Josep Borrell, oggi è a Kiev insieme a Ursula von der Leyen per incontrare Zelensky, a margine della ministeriale Esteri della Nato a Bruxelles, a dire che la proposta sarebbe stata discussa lunedì prossimo. Ma ciò non avverrà. Gli Stati membri sono ancora divisi e per accendere il semaforo verde alle nuove sanzioni serve l'unanimità.
Il problema oltre che politico è squisitamente tecnico (energetico), per ovvie ragioni. Nel quinto pacchetto di sanzioni approvate è previsto l'embargo alle importazioni di carbone da Mosca, con quattro mesi di tempo utile (fino al prossimo agosto) per liberarsi dai vincoli posti dai contratti in essere.
Il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, in un intervento al Festival del giornalismo di Perugia sull’embargo a gas e petrolio russo ha detto che "è una discussione che deve mettere d’accordo 27 Stati, ed è evidente che in questo momento ci sia un po' di discussione". Ed ha poi tenuto a distinguere la "posizione continentale e politica da quella che invece è la contingenza energetica".
Nel suo ragionamento il ministro ha citato gli austriaci: "Hanno detto che non voteranno una sanzione che fa loro più danni di quelli che fa al Paese sanzionato. Anche questo è un punto di vista che ha una certa sua logica".
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