Non rispondi all'sms? Così perdi il reddito di cittadinanza: cosa può cambiare

Arriva la proposta delle Regioni: dare valore legale alle comunicazioni via mail, via sms o via Whatsapp. Chi non risponde perde tutto

Non rispondi all'sms? Così perdi il reddito di cittadinanza: cosa può cambiare

Sarà sufficiente non rispondere a un sms o a un messaggio inviato via WhatsApp dal centro d'impiego con lo scopo di comunicare la disponibilità di un posto di lavoro a un beneficiario del reddito di cittadinanza per far sì che tale azione sia equiparabile al rifiuto ad accettare la proposta. Al terzo no, come da regolamento, il sussidio dovrebbe decadere. Peggio ancora, nel caso in cui ci si trovi nel pieno del periodo di rinnovo del beneficio, durante il quale basta un unico diniego per perdere il diritto all'assegno.

Su questo punto sta lavorando alacremente il governo: una stretta per conferire valore legale anche alla semplice comunicazione via messaggio, così da snellire la questione della reale disponibilità lavorativa dei beneficiari del reddito di cittadinanza.

Il tema del reddito di cittadinanza (con tanto di furbetti), legato ai navigator e al loro flop per introdurre nel mondo del lavoro, è da anni una battaglia in salsa grillina. Una battaglia, però, persa in partenza vista la disorganizzazione e i soldi dati anche a soggetti che non avrebbero dovuto ottenerli o a chi preferisce intascarseli piuttosto che lavorare.

Se poi a tutte queste falle si aggiunge il problema della difficoltà di comunicare eventuali proposte di lavoro ai beneficiari dell'assegno e quella di comprendere se una non replica significhi disinteresse o se invece sia dovuta a reali problemi di ricezione della stessa, è possibile capire il perché della difficoltà di conteggiare i tre rifiuti per sospendere il beneficio.

Proposte via sms

Ecco perché le Regioni hanno proposto di dare validità legale anche a comunicazioni inviate via mail, via sms o via WhatsApp. I tecnici Anpal studiano la situazione dal punto di vista giuridico per comprendere se poter vincere nei tribunali di tutta Italia in eventuali contenziosi coi diretti interessati.

Una soluzione simile per i centri di impiego, tra l'altro, era già stata adottata tramite l'accordo sottoscritto il 1° agosto 2019:"Ai sensi dell’art. 4, co. 15-quinquies del d.l. n. 4/2019, la convocazione per la stipula del Patto per il lavoro dei beneficiari indicati ai co. 5 e 5-bis da parte dei centri per l’impiego, può essere effettuata anche con mezzi informali, quali messaggistica telefonica o posta elettronica, utilizzando i recapiti forniti dal richiedente ai centri per l’impiego in sede di rilascio della Did e nei successivi incontri". Un precedente che potrebbe spingere nella medesima direzione chi cerca una soluzione per il nodo reddito di cittadinanza/lavoro, conferendo legalità a tali strumenti di comunicazione.

Se

si procedesse in tale direzione, quindi, non rispondere a una proposta di impiego verrebbe equiparato ad un esplicito rifiuto: sarebbero sufficienti tre messaggi ignorati per far decadere il diritto a percepire l'assegno.

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