Possibilità di anticipo pensionistico, ma solo con la condizione del ricalcolo dell'assegno col contributivo: dovrebbe essere questa la strada su cui il governo spingerà i sindacati durante le prossime trattative, per le quali non ci sarà un ampio margine di modifica.
Secondo Repubblica si tratterebbe di una sorta di estensione a tutti i pensionandi della cosiddetta Opzione donna, anche perché di uscire dal metodo contributivo proprio non se ne parla, come annunciato anche dall'ex governatore della Banca centrale europea Mario Draghi nella spiegazione della "Quota 102": "Bisogna ritornare al contributivo, vedremo insieme a quale età". È bene, tuttavia, sottolineare il fatto che Opzione donna (cioè 58/59 anni di età, in caso di lavoro dipendente o autonomo, e 35 di contributi) ha in questi anni comportato col ricalcolo contributivo dei tagli all'assegno pari ad oltre il 33%. Questa formula, rinnovata con la Legge di bilancio almeno per un altro anno, ha subito l'innalzamento dell'età pensionabile fino a 60 anni per le dipendenti e 61 per le autonome. Secondo gli esperti il prossimo anno l'85% dei pensionati rientrerà nel sistema misto, con una quota retributiva sempre più ridotta all'osso (maturata, cioè, solo fino al 1995) e tutto il resto contributivo. Ciò significa assegni calcolati per il 65% col metodo contributivo, quindi non sulla base degli ultimi stipendi ma dei contributi versati
Inps quantifica in 297.320 i contribuenti/lavoratori ancora nel retributivo fino al 31 dicembre 2020: si tratterebbe di italiani di età compresa tra 57 e 67 anni e con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, ovvero prima della riforma Dini. Il tema del ricalcolo non piace ai sindacati, che spingono per un'uscita a 62 anni di età, oppure con 41 di contributi (a prescindere, in questo caso, dall'età). "Non si può rinviare il confronto sulle pensioni col governo al prossimo anno", dichiara con preoccupazione il segretario confederale Cgil con delega alla previdenza Roberto Ghiselli, come riportato da Repubblica. "Cominciamo subito a discutere di flessibilità, di giovani, di donne, di disoccupati, di lavori gravosi. Rinviare al 2022 sarebbe una beffa inaccettabile perché la legge Fornero non è andata in soffitta come dice la Lega".
Con l'incombere del ritorno della legge Fornero, quella resa celebre dalle lacrime di coccodrillo in diretta televisiva, l'ampliamento a tutti di Opzione donna avrebbe l'effetto di spostare più in là il problema. I lavoratori che si collocano successivamente alla riforma Dini, la "Generazione zero" (così detta proprio perché sprovvista di scappatoie sottoforma di quota) sono consapevoli del fatto che potranno uscire dal mondo del lavoro 3 anni prima (cioè, ad oggi, 64 di età con almeno 20 di contributi), con un assegno interamente contributivo ma con vincoli strettissimi. Dovranno cioè avere una pensione pari almeno a 2,8 volte l'assegno sociale (vale a dire 1.
381 euro), altrimenti saranno costretti ad aspettare i 67 anni, ma sempre nel caso in cui ricevano un assegno pari almeno ad 1,5 volte quello sociale (690 euro) oppure addirittura uscire sopra i 70 o i 75 anni, un'eventualità su cui riflettere a fondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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