Forse questa volta ci siamo: l'offerta per la rete di Tim dell'accoppiata Cassa depositi e prestiti-Macquarie potrebbe arrivare entro domani. Per oggi, invece, la Cdp ha convocato un consiglio d'amministrazione straordinario per limare gli ultimi dettagli di una proposta che punta a essere migliorativa rispetto a quella del fondo americano Kkr, che dallo scorso 2 febbraio ha messo sul tavolo un'offerta non vincolante per circa 20 miliardi di euro, ritenuta però troppo bassa dal cda di Tim. Lo scatto in avanti della società guidata da Dario Scannapieco in accoppiata con il fondo australiano Macquarie, scrive Bloomberg, arriva dopo che i colloqui per presentare un'offerta congiunta con Kkr erano giunti a uno stallo.
Nei giorni scorsi, quindi, dal governo sarebbe arrivato l'ok a Cdp per presentare una sua proposta. Secondo alcune indiscrezioni, l'offerta dovrebbe essere più alta di circa un paio di miliardi rispetto alla componente cash. In ambienti finanziari si evidenzia la possibilità di nodi Antitrust sulla posizione di Cdp, che è azionista con il 10% di Tim e del 60% di Open Fiber (l'altro 40% è di Macquarie). Quest'ultima, tra l'altro, è competitor di Tim e di Fibercop, la controllata dell'ex monopolista che ha tra i soci Kkr al 37,5 per cento. La spada di damocle di rilievi del Garante sono un ostacolo non da poco, dal momento che Tim ha bisogno di vendere la rete per abbassare il suo debito da 20 miliardi, anche se l'ad Pietro Labriola ha detto che la cessione dell'asset avrebbe senso «anche senza debito».
Ipoteticamente, il Garante potrebbe chiedere, per dare il via libera all'operazione, di mettere sul mercato una parte della rete, magari proprio le aree a maggior competizione di mercato, lasciando allo Stato quelle che richiederebbero più investimenti, di fatto aumentando i costi dell'operazione «rete pubblica». Il nodo Antitrust, tra l'altro, è proprio una delle questioni che avrebbero fatto impantanare l'idea di un'offerta congiunta con Kkr, che si sarebbe detta disponibile a patto che si risolvesse a monte questo problema.
Secondo quanto raccolto da Il Giornale, il fondo americano sarebbe in una posizione di attesa per capire i reali contorni dell'offerta di Cdp. Nel frattempo, prosegue l'interlocuzione con i vertici di Tim: anche lo scorso venerdì, infatti, incaricati di Kkr erano nella sede della tlc per portare avanti la due diligence. Non è da escludere che, in un secondo momento, si decida comunque di coinvolgere il fondo Usa, che difficilmente andrebbe a rilanciare in assenza di un sostegno da parte del governo italiano.
Le opzioni, al momento, rimangono ancora tutte aperte. L'offerta, infatti, oltre a incontrare il favore del cda di Tim, dovrà avere il via libera anche dei suoi azionisti. Ma Vivendi (primo socio con il 23,75%) continua a valutare l'asset della rete 31 miliardi, cifra molto distante da quanto messo sul piatto da Kkr e difficilmente raggiungibile dal tandem Cdp-Macquarie. I francesi, infatti, potrebbero fare valere tutto il loro peso per cercare di bloccare l'operazione. Da qui il motivo per cui nessuno può chiudere del tutto la porta agli altri, come anche traspare dalle parole dell'ad di Cdp Equity, Roberto Mele: «Bisogna allineare tutti gli interessi in gioco» diceva alcuni giorni fa.
Lo stesso Mele aveva aperto a una collaborazione con Kkr, la cui scadenza dell'offerta è stata prorogata al 24 marzo. Lasso di tempo che potrebbe far di nuovo decollare la trattativa tra i vari attori, nel tentativo di far nascere l'agognata «rete nazionale».
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