"Ora basta pregiudizi sulla transizione green"

Il presidente della Unem: "Il diktat Ue sulle auto elettriche? Non c'è una sola tecnologia vincente"

"Ora basta pregiudizi sulla transizione green"
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«In tutti questi anni, su come arrivare alla decarbonizzazione, si è scelta la strada dell'ideologia. Mi auguro, guardando al mio mandato, che ci si trovi di fronte a un nuovo illuminismo, cioè alla possibilità di vedere le tecnologie e le idee confrontarsi senza pregiudizi, per capire quali sono le soluzioni migliori. L'Italia può avere veramente un ruolo, come dimostrato dallo sviluppo nel Paese dei biocarburanti, dalla conversione delle raffinerie in bioraffinerie e dalle opportunità offerte dalla ricerca». La recente nomina di Gianni Murano, già a capo di Esso Italiana, alla presidenza di Unem (Unione energie per la mobilità), un tempo Unione petrolifera, coincide con la svolta in atto sulla transizione energetica: dall'iniziale «tutto elettrico» per le auto, l'ok ai carburanti sintetici e quello possibile ai biocarburanti riapre, di fatto, i giochi anche alla luce delle prossime elezioni Ue. «Sì - commenta Murano - finalmente comincia a prevalere il concetto della neutralità tecnologica: non esiste, cioè, una sola tecnologia vincente per la decarbonizzazione, bensì un percorso nel quale tutte le tecnologie hanno dignità di essere messe alla prova».

Presidente, quale ruolo svolgerà la «sua» Unem?

«Unem crede davvero alla decarbonizzazione; vogliamo accompagnare questo processo per renderlo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. E ciò senza dimenticare l'importanza della sicurezza energetica».

Il vostro messaggio al mondo politico e a quello ambientalista?

«Parlare di neutralità tecnologica non significa rinnegare la decarbonizzazione, ma attuarla davvero. E mi sembra che il Pniec, il Piano integrato per l'energia e il clima 2030, adotti un approccio più pragmatico, volto anche alla promozione di comportamenti di consumo responsabili. È la dimostrazione che tali messaggi iniziano a essere compresi».

All'assemblea di Assolombarda il premier Giorgia Meloni ha detto che «la transizione non deve uccidere le imprese italiane».

«Quello su cui dobbiamo lavorare tutti insieme è come valorizzare le nostre capacità imprenditoriali. In questo, il settore energetico in Italia rappresenta una delle eccellenze. Abbiamo le energie per guidare la transizione. Ma il tema dev'essere visto in un contesto industriale, dove le raffinerie possono operare come hub energetici, a beneficio di altri comparti industriali, contribuendo a garantire energia a basse emissioni di carbonio, sicura e conveniente per le imprese. Insomma, catene di valore strategico».

Una leva per lo sviluppo e l'occupazione, dunque.

«Ci sono tantissimi esempi di poli industriali in cui la raffineria è il fulcro. Ed è la strada da continuare a battere. Vedo, infatti, sempre più raffinerie non come raffinerie di solo petrolio, ma di diversi feedstocks di origine biologica o carbon neutral, integrati con tecnologie di economia circolare, ma anche processi waste to oil o waste to chemical. Solo un dato: il 50% dell'idrogeno è prodotto nelle raffinerie. Nessuno ha le nostre competenze per gestire l'idrogeno. Un ulteriore elemento per cercare di costruire intorno alle raffinerie dei poli industriali che possano approfittare della loro ricchezza energetica».

Perché solo ora

emergono vere reazioni preoccupate rispetto al piano Ue di transizione energetica?

«Mi creda, il nostro settore ha sempre mostrato coesione nel ritenere la neutralità tecnologica come un cardine della transizione».

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