Pace fiscale con tranello, non sarà per tutti

Niente rottamazione se il concessionario di riscossione non è Equitalia

Pace fiscale con tranello, non sarà per tutti

Tutti ci avevano sperato un po' sino alla fine, ma la realtà si è rivelata più amara del previsto. Ora che la rottamazione-ter e lo stralcio dei debiti fiscali sotto i mille euro, previsti dal decreto fiscale, sono entrati a regime, molti contribuenti ansiosi di aderire o addirittura di vedersi cancellate automaticamente le cartelle pendenti hanno avuto una triste sorpresa. Se il concessionario del proprio ente locale non è l'Agenzia delle entrate-Riscossione (o Riscossione Sicilia per i contribuenti siculi), non è possibile avviare la definizione agevolata dei carichi tributari. Che, tradotto in soldoni, significa non potersi avvalere della pace fiscale per Imu, Tasi, Tari, e le altre tasse che finanziano i Comuni, in primis le multe per le violazioni del codice della strada.

Eppure fino alla fine dell'anno scorso sembrava possibile il colpo di coda. Tant'è vero che il 21 novembre la maggioranza aveva pronto un bell'emendamento al decreto che avrebbe consentito di estendere la rottamazione-ter a livello locale. Poi, il 27 novembre scorso il nulla di fatto. La proposta di modifica della sanatoria «non ha il parere favorevole della Ragioneria», aveva spiegato il sottosegretario leghista all'Economia, Massimo Bitonci, raffreddando gli entusiasmi. Poiché in Italia nulla è definitivo, era prevalsa l'interpretazione che i singoli enti locali potessero regolarsi da sé, come accaduto con la rottamazione-bis del 2017 che generò un caos di simili proporzioni. In fondo, recuperare circa tre miliardi di euro rottamando i debiti tributari verso gli enti locali sarebbe convenuto tanto ai contribuenti quanto alle casse dei Comuni. E proprio un commercialista, l'M5s Raffaele Trano, a dicembre aveva presentato un'interrogazione in Commissione finanze alla Camera. La doccia gelata giunse da un collega di partito: il sottosegretario all'Economia, Alessio Villarosa. I carichi pendenti oggetto del decreto, spiegò, «sono solo ed esclusivamente quelli affidati agli Agenti della riscossione, e non anche ai soggetti privati abilitati a effettuare attività di riscossione dei tributi e di altre entrate delle Province e dei Comuni». Parole passate inosservate per via del trambusto scatenato dalla manovra.

Colpa del governo se quelle vecchie multe del 2005 non si possono cancellare? Sono i Cinque stelle colpevoli se non ci si può salvare in extremis da sanzioni e interessi sull'Imu che ci si era dimenticati di versare nel 2014? Un po' sì perché l'improvvisazione che ha dominato la sessione di bilancio ha fatto trascurare che la riforma della riscossione varata nel 2016 consentiva ai Comuni di «svincolarsi» dall'abbraccio con le Entrate, gestendo la riscossione in house o appoggiandosi ai privati.

Strada che è stata seguita dal 50% circa degli enti, desiderosi di accelerare gli incassi visti i tagli dei trasferimenti statali. Di qui lo stop della Ragioneria perché una rottamazione comporta un buco del gettito che necessita di un «tampone» fiscale. Le cartelle rottamate oggi, perciò, sarebbero diventate tasse ancora più alte domani.

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