Il pandoro Melegatti al capolinea

Il tribunale dichiara il fallimento. A rischio 350 posti di lavoro

Il pandoro Melegatti al capolinea

Forni spenti, nessun salvataggio in extremis per la Melegatti, la storica industria veronese che da oltre un secolo è il simbolo del pandoro. Il tribunale di Verona ne ha decretato il fallimento in accoppiata con la controllata Nuova Marelli, e ora la palla passa alla curatela fallimentare. La notizia è stata fatta filtrare dai sindacati, il megafono di quei 350 lavoratori che ora temono di perdere il posto.

Le difficoltà di Melegatti erano emerse prima del Natale 2017, a causa della forte situazione debitoria. Nel mese di novembre era stata presentata domanda di concordato preventivo in bianco, procedura che dava tempo alla società di trovare una soluzione alla sua crisi. Nel frattempo, si era riusciti a portare avanti la produzione del pandoro per la stagione natalizia grazie all'intervento del fondo maltese Abalone. In seguito, quando i dipendenti della Melegatti erano già stati messi in cassa integrazione, per l'azienda veneta si era fatta avanti Hausbrandt Trieste 1892, il marchio trevigiano del caffè di Fabrizio Zanetti. Le trattative non erano però andate a buon fine, così come è non è andato in porto il piano di salvataggio presentato alcuni giorni fa dal fondo Usa D.E. Shaw & C.

Alla scadenza dei termini per la presentazione di una proposta di concordato preventivo, si è così aperta la strada del fallimento. La procura di Verona nei giorni ha presentato istanza e il tribunale l'ha accolta.

Ieri mattina i 350 dipendenti, tra fissi e stagionali, avevano lanciato un appello attraverso un avviso a pagamento sul quotidiano L'Arena, chiedendo di prendere in considerazione «l'unica, credibile, seria e determinata proposta arrivata dal fondo americano Shaw & C. che da oltre un anno sta alacremente lavorando per il futuro di Melegatti e che, per i lavoratori, inspiegabilmente non è stato preso in considerazione».

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