Sono sempre più light coloro che si apprestano a giocare la partita per il controllo di Generali, ufficialmente e fin da ora, dalla parte della Mediobanca di Alberto Nagel che del Leone di Trieste ha il 12,9% del capitale e il 17,2% dei diritti di voto. Anche per questo motivo la battaglia per il gruppo assicurativo potrebbe essere solo l'inizio di una rivoluzione per la finanza tricolore su cui, in ogni caso, l'ultima parola spetterà ai fondi, ago della bilancia a Milano così come a Trieste.
A tre anni dal debutto del patto leggero di Piazzetta Cuccia, erede di quel vincolo che per decenni è stato artefice del capitalismo italiano grazie a un sapiente intreccio di relazioni e partecipazioni, il peso degli aderenti si è dimezzato. Oggi il patto, rinnovato a Capodanno e valido fino a fine 2024, rappresenta il 10,24% del capitale, dal 20,73% del 2019. E a mutare è anche la geografia dei partecipanti, come evidenziato dall'estratto pubblicato ieri, tra molti addii (l'ultimo, annunciato a settembre, da parte della famiglia Benetton al 2,1% del capitale), un solo ingresso (i Monge che hanno creato un impero per i prodotti per cani e gatti da 321 milioni di fatturato) e una vecchia guardia a sua volta protagonista in prima persona di cambiamenti epocali (Pirelli oggi è controllata dai cinesi di ChemChina; Stellantis, ex Fiat, parla più francese che italiano, mentre per il controllo di Tim attualmente è in corso un tiro alla fune tra Vivendi, e gli americani di Kkr).
Lo schieramento del patto vede in prima fila Banca Mediolanum con il 3,37% del capitale (a cui si aggiunge un altro 0,51% detenuto dai Doris tramite Finprog), lascito di una alleanza stipulata nel 2000 tra lo stesso Cuccia e il fondatore Ennio Doris. Ventidue anni dopo, al di là delle attestazioni di stima verso l'attuale gestione di Mediobanca e di apprezzamento per i risultati raggiunti, la partecipazione in Piazzetta Cuccia è stata riclassificata a gennaio 2020 come disponibile alla vendita. Preferiamo avere le mani libere aveva spiegato Massimo Doris, ad del gruppo che, più recentemente, ha confermato di aver detto di no a un'ipotesi di nozze con la merchant bank.
Un altro lascito della Mediobanca disegnata da Cuccia sono le partecipazioni racchiuse in Fin.Priv (1,66%) che comprende alcune delle prime partecipazioni detenute privati al capitale di Mediobanca: Pirelli, le stesse Generali, Italmobiliare (partecipata da Piazzetta Cuccia), Stellantis, Tim e la Unipolsai di Carlo Cimbri, kingmaker della prossima stagione di risiko bancario subentrata con l'acquisizione di FonSai nella ex quota Ligresti.
Le partecipazioni rimanenti apportate al patto sono suddiviso in micro-partecipazioni storiche detenute da parte da grandi famiglie industriali italiane: i Gavio, i Ferrero, i Lucchini attivi nell'ambito delle infrastrutture, i Pecci, presenti nell'ambito dei filati, gli Angelini farmacisti, gli Acutis tramite Vittoria Assicurazione, l'imprenditrice bolognese Isabella Seragnoli e il miliardario Romano Minozzi, fondatore di Iris Ceramica e azionista in Snam e Italgas.
E mentre il peso dei patisti light in Mediobanca scende, si rafforza quello dei soci esterni al vincolo: Francesco Gaetano Caltagirone (al 3%) e Leonardo Del Vecchio (vicino al 20%, un livello che l'imprenditore, vorrebbe oltrepassare).
Gli stessi che, insieme alla fondazione Crt, hanno dato vita al patto su Generale oggi al 16,06% del capitale di Generali e sempre più vicino a raggiungere la quota di Piazzetta Cuccia. E magari a superarla considerando che, alcune fonti, danno i Benetton (al 3,97% di Generali) vicino ai due Paperoni.
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