Pensioni, il governo cambia tutto. Il piano per lasciare "quota 100"

Sul tavolo ci sono varie ipotesi, tra cui quella che prevede l'uscita a 64 anni d'età e 38 di contributi. Il confronto tra governo, tecnici e sindacati prosegue

Pensioni, il governo cambia tutto. Il piano per lasciare "quota 100"

Con l'esperimento di Quota 100 prossimo al capolinea, il governo sta studiando le prossime mosse per sciogliere il complicato nodo pensioni.

La riforma delle pensioni

La riforma previdenziale è un vero e proprio cantiere aperto. Sul tavolo del Mef ci sono diverse proposte, anche se i tecnici puntano ad attuare un intervento meno oneroso rispetto a quanto stanziato. L'ipotesi più probabile? Si parla di mantenere i costi al di sotto della soglia dei 5 miliardi annui, con l'intenzione di scendere a 3-4 miliardi.

Come ha sottolineato Il Sole 24 Ore, un'eventualità del genere combacerebbe con l'opzione di introdurre una nuova flessibilità, basata sull'uscita dal mondo del lavoro ad almeno 64 anni di età e 38 di contributi (una sorta di quota 102). Si parla anche di adottare il metodo di calcolo contributivo almeno sugli anni mancanti, fino al raggiungimento della soglia di vecchiaia dei 67 anni, con penalizzazione del 2,8-3% per ciascun anno di anticipo, e un ripristino parziale dell'adeguamento automatico dell'aspettativa di vita (congelato fino al 2026).

Ma nel pacchetto pensioni presente in manovra c'è spazio anche per prorogare di un anno Ape sociale e opzione donna, oltre che prolungare fino al 2023 l'isopensione e il recepimento della sentenza della Consulta in merito alle pensioni d'oro.

Il confronto continua

Qualunque saranno le decisioni prese dal governo, l'obiettivo dovrà essere quello di evitare lo scalone che si materializzerà alla fine del 2021, con il termine del citato esperimento di Quota 100. In ogni caso, nelle prossime settimane riprenderà il serrato confronto tra esecutivo e sindacati. Dicevamo dell'opzione più probabile, la cosiddetta "64+38", che si andrebbe a integrare con un contributivo puro almeno per gli anni di anticipo. E che potrebbe prevedere soglie più basse (62 anni) per chi è impegnato in attività gravose.

I sindacati, dal canto loro, spingono per una flessibilità a partire dai 62 anni. Oppure quota 41 per tutti, non solo per i lavoratori precoci. In tal caso, stando ad alcune stime, i costi lieviterebbero fino a oltre i 10 miliardi di euro l'anno. Decisamente troppi e incompatibili con gli altri nodi da affrontare, tra cui la pensione di garanzia per i giovani e la rivalutazione degli assegni.

La manovra, in procinto di ottenere il semaforo verde dal Parlamento, contiene misure che superano la cifra di 1,4 miliardi per i prossimi tre anni.

Gli ultimi ritocchi hanno di fatto lasciato inalterato il pacchetto previdenziale della legge di bilancio. I tecnici del Mef non vorrebbero destinare alla nuova riforma delle pensioni più del 40% dei fondi garantiti dagli attuali pensionamenti anticipati. Il tempo stringe.

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