Una proposta sarebbe stata avanzata dal ministro dell’Economia Daniele Franco nel corso della riunione della cabina di regia di questa mattina. Sul tema delle pensioni, il governo avrebbe l’intenzione di superare Quota 100 con la Quota 102 nel 2022 e successivamente, dal 2023, passare alla Quota 104. In termini pratici, per evitare il ritorno alla legge Fornero, un’ipotesi scartata da tutti, si andrebbe in pensione l’anno prossimo a 64 anni di età, con 38 anni di contributi versati. Dal 2023, invece, per ricevere il vitalizio si dovrà aver compiuto 66 anni, quindi due anni in più dalla misura di partenza. La discussione sul sistema pensionistico è l’aspetto più delicato che l’esecutivo dovrà affrontare per approvare la manovra economica 2022.
L’unica certezza è di intervenire per tempo, in modo da non finire nelle maglie della criticata riforma Fornero. Nei giorni scorsi si era parlato prima dell’introduzione della Quota 41, caldeggiata dai sindacati, ma mai seriamente presa in considerazione dal governo, e poi della flessibilità in uscita dal lavoro a partire da 63-64 anni a patto di rinunciare alla parte retributiva della pensione. In attesa di raggiungere il limite previsto sarebbe corrisposta solo la quota contributiva dell'assegno. Questa misura era stata spinta fortemente dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Più ai margini erano rimaste altre due possibili soluzioni: l’Ape sociale, con l’estensione dei lavori usuranti, e il rinnovo di Opzione donna, con l’uscita anticipata delle lavoratrici a 58 o 59 anni con assegno tagliato.
Su queste proposte si era detto diffidente l’economista e giuslavorista Giuliano Cazzola, il quale, a fonte delle misure in discussione aveva mostrato tutta la sua avversione. “Tenderei a sdrammatizzare il cosiddetto effetto scalone – aveva dichiarato – dopo il superamento di Quota 100 lo spauracchio agitato come una clava in sede sindacale, per giustificare l'urgenza della riforma da loro proposta. Per il dopo non partiamo da zero. Esistono già nel sistema varie forme di anticipo, sulle quali bisognerebbe concentrarsi.
I sindacati dicono di volere la flessibilità e propongono Quota 41 ma questa in realtà è una forma di rigidità, come del resto lo era Quota 100. Se si stabilisce una quota senza differenziare rispetto a lavori concreti e carriere viene fuori una misura iniqua”.
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