La riforma delle pensioni non si ferma e giungono nuove proposte in questo primo scorcio di 2022. A partire da una certa età (non ancora specificata), si potrebbe dare la possibilità di andare in pensione con un taglio del 3% dell'assegno sulla quota retributiva per ogni anno d'anticipo rispetto al raggiungimento dell'età di vecchiaia.
Come funziona la penalizzazione del 3%
L'idea è di Michele Reitano, membro della Commissione tecnica del Ministero del Lavoro che studia come separare l'assistenza dalla previdenza e cercando di tutelare anche le categorie di lavoratori più fragili. Come riporta IlSole24Ore, la proposta evidenzia "l'opportunità di sfruttare le potenzialità offerte dal passaggio verso lo schema di calcolo contributivo". Per far così, si partirebbe da un'età minima non precisata e sfruttare l'uscita anticipata "subendo una riduzione della quota retributiva della pensione (ad esempio, intorno al 3% per ogni anno di anticipo rispetto all'età legale) che compensi, in modo attuarialmente equo, il vantaggio della sua percezione per un numero maggiore di anni". Una misura del genere, sottolinea Reitano, darebbe "un'opportunità in più a tutti i lavoratori" a prescindere dalla loro carriera pregressa e limitando i problemi per i conti pubblici nel lungo termine.
Come elaborato dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell'Inps, Reitano afferma che "prendendo a riferimento unicamente le pensioni anticipate e di vecchiaia l'età di ritiro fra i dipendenti privati è attualmente pari a 64,1 e 63,2 anni, rispettivamente fra donne e uomini. Valori non dissimili (63,9 e 63,5 per donne e uomini) si osservano nel pubblico impiego, mentre l'età di pensionamento effettiva è lievemente più elevata (64,8 e 64,0) nelle gestioni autonome Inps". La nuova formula comprende tutte le opzioni attualmente in vigore per andare in pensione (dall'Ape sociale a Quota 102), le quali fanno parte di "un insieme di misure eterogenee" che è "incapace di risolvere in modo permanente il problema di come offrire un'opzione di scelta a chi volesse ritirarsi prima di aver raggiunto i requisiti elevati (e crescenti nel tempo) stabiliti dalle riforme del 2009-2011, senza al contempo aggravare i conti pubblici".
Quanto si perde con il contributivo
Come ci siamo occupati sul Giornale.it, non convince la riforma delle pensioni voluta dal premier Draghi concentrata sul metodo contributivo che porterebbe ad una perdita netta stimata fra il 20 ed il 35%. È per questo che i sindacati sono sul piede di guerra e intenzionati a far sentire la loro voce. "Vediamo se c'è davvero la volontà del governo di avviare un confronto e non solo un ascolto per superare le rigidità della legge Fornero", è quanto ha dichiarato a Repubblica, il segretario confederale Cgil e responsabile previdenza, Roberto Ghiselli.
Cosa succede con Quota 102
La riforma del sistema pensionistico, poi, potrebbe ripartire da Quota 102 che consiste nel raggiungimento di 64 anni di età e 38 di contributi. Come abbiamo scritto sul Giornale.it, però, si tratta di uno degli argomenti più spinosi della questione pensioni che ha tenuto maggiormente "banco" durante la discussione della misura nella Legge di bilancio. Infatti, secondo una prima simulazione apparsa sul Messaggero di cui si è parlato in un precedente articolo de IlGiornale.It, coloro i quali hanno una retribuzione lorda di 30mila euro (circa 1.
650 euro netto mensili scaglioni Irpef compresi), andrebbero a perdere tra i 40 ed i 160 euro circa rispetto all'ammontare dell'assegno pensionistico che incasserebbero a pieno regime. La situazione peggiora ulteriormente con l'aumento del lordo perché, chi guadagna 50mila euro annui, perderebbe tra i 100 e i 210 euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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