Violento strappo al ribasso del petrolio e di conseguenza dei titoli del comparto energetico. Il Brent è arrivato a cedere il 5% circa in area 73,6 dollari al barile, sui minimi dallo scorso novembre. Flessione simile a New York per il Wti con prezzi rimasti a fatica sopra la soglia dei 70 dollari. A far scattare le vendite sono state le rinnovate preoccupazioni circa la debolezza della domanda cinese, principale importatore di petrolio al mondo, a cui si sono aggiunte le indicazioni di Bloomberg circa un imminente accordo per risolvere le tensioni che hanno bloccato la produzione e le esportazioni libiche. La National Oil Corp, che rappresenta circa il 70% della produzione petrolifera libica, ha riferito che i disordini avevano fatto crollare la produzione di greggio a poco più di 591 mila barili al giorno il 28 agosto dai quasi 959 mila del 26 agosto e i quasi 1,3 milioni di un mese prima.
Il mercato guarda anche all'imminente aumento della produzione di 180.000 barili al giorno da parte dei paesi Opec+ a partire dal prossimo mese. Una decisione che potrebbe essere rimessa in discussione dal cartello dei produttori se la discesa dell'oro nero diventasse preoccupante. Settimana scorsa Goldman Sachs ha rivisto al ribasso le previsioni sul prezzo del Brent a causa proprio dell'aumento prospettico delle forniture globali. Per lo stesso motivo Morgan Stanley ha tagliato a «sottopesare» la valutazione sui titoli energetici. A un'offerta in rafforzamento si aggiunge il crescente timore di una domanda fiacca a causa delle difficoltà economiche della Cina, il più grande importatore di greggio al mondo. Gli ultimi deboli riscontri dal Pmi manifatturiero cinese hanno contribuito ad esacerbare le preoccupazioni circa la salute dell'economia cinese.
Il passo falso del
greggio ha messo al tappeto i titoli del comparto energetico. L'indice Euro Stoxx oil & gas ieri ha lasciato sul terreno il 2,7%. A Milano vendite diffuse su Eni (-2,5%) e soprattutto Saipem che è arrivata a cedere il 7%.
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