Pmi, via libera anche in Italia. I report d'impatto ambientale

Il decreto coinvolgerà fino a 5mila aziende nazionali. Bisognerà pure rendere conto dell'attività dei fornitori

Pmi, via libera anche in Italia. I report d'impatto ambientale
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Equiparare i risultati sul fronte ambientale, sociale e di governance con quelli riportati nel bilancio civilistico. È l'obiettivo della normativa europea Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive) che il Consiglio dei ministri ha recepito con un decreto legislativo ad hoc che porterà anche le piccole e medie imprese (escluse le microimprese) e le succursali di società extra-europee con almeno 150 milioni di ricavi realizzati nell'Unione a dover redigere la rendicontazione di responsabilità. Si tratta, in buona sostanza, di un ampliamento della precedente direttiva Nfrd (Non financial reporting directive) che si rivolgeva alle sole imprese di grandi dimensioni con almeno 500 dipendenti. Si passerà pertanto da una platea stimata in poche centinaia di aziende a una di circa 5mila imprese.

La normativa avrà un'entrata in vigore graduale: a partire da quest'anno, infatti, riguarderà in sostanza le aziende di grandi dimensioni (quotate, banche e assicurazioni) a cui si rivolgeva la vecchia Nfrd; dal 2025 tutte le imprese private non quotate che superino due di questi parametri: 250 dipendenti, 50 milioni di fatturato o 25 milioni di attivo (come lo potrebbero essere big come Ferrero e Barilla); dal 2026 a tutte le Pmi quotate; dal 2028 le succursali delle società extra europee. Per quanto riguarda le quotate, sarà la Consob a vigilare sull'applicazione della norma.

Andrà in pensione la vecchia informativa non finanziaria, al suo posto figurerà la rendicontazione di sostenibilità, che dovrà essere necessariamente all'interno della relazione sulla gestione. Rispetto alla vecchia rendicontazione, inoltre, il documento sarà standardizzato e omogeneo in tutta Europa. Ma cosa comporterà per le aziende? Dovranno fornire le informazioni necessarie a comprendere l'impatto dell'impresa sulle questioni di sostenibilità e su come queste influiscono sul suo andamento. «Richiederà di fare valutazioni sull'impatto di tutte le controllate e l'intera catena del valore», spiega Paolo Bersani, partner Esg di Pwc, «si dovranno quindi fornire dati e informazioni anche di soggetti non controllati, allargando la responsabilità per le imprese sul modo di fare business al di fuori dei propri cancelli». Tra i vari aspetti, le aziende dovranno indicare se si adottano piani atti a garantire che la strategia sia compatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 gradi in linea con gli Accordi di Parigi e l'obiettivo di conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Oltre all'esposizione dell'impresa ad attività legate a carbone, petrolio e gas.

Infine, «si dovranno indicare anche gli impatti effettivi o potenziali che il business può subire da dinamiche esterne», aggiunge Bersani. Si pensi, per esempio, all'impatto che potrebbe avere su una compagnia di assicurazioni l'aumento della sinistralità riconducibile al cambiamento climatico.

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