Anche l'ultima Popolare quotata in Borsa cambia veste e si prepara a diventare una tappa del risiko bancario tricolore. Con l'assemblea di domani Banca Popolare di Sondrio, dopo 150 anni di storia societaria cooperativa, si appresta a diventare spa. L'istituto valtellinese ha opposto una strenua resistenza di fronte all'imperativo di legge percorrendo tutti i gradi di giudizio. Ma non ci sono più spazi di manovra e la banca guidata da Mario Alberto Pedranzini passerà quindi da un regime che distingue i diritti societari da quelli patrimoniali, imponendo per i primi il «gradimento» da parte del cda (nel 2020 fu negato al fondo Amber, all'epoca al 6,2% del capitale) e con la previsione del voto capitario, a uno in cui pesa di più chi ha più azioni. In questo caso Unipol. Il gruppo finanziario delle cooperative, giocando di anticipo, ha già provveduto ad acquistare il 9% dell'istituto valtellinese, da tempo suo partner commerciale (in Arca Vita e in Arca Fondi tramite Bper). In vista della metamorfosi, ieri Popolare Sondrio ha venduto 420,9 milioni di Npl lordi, riducendo così l'Npe ratio dal 7,5% a un livello compreso tra il 5 e il 6%, in linea con i rivali. In Piazza Affari il titolo ha chiuso la seduta invariato a 3,71 euro, da inizio anno guadagna il 68 per cento.
Pop. Sondrio è stato il secondo gruppo bancario italiano a ispirarsi al movimento popolare cooperativo del credito di Luigi Luzzati e, quindi, ai valori della mutualità, sussidiarietà e solidarietà. Attenzione quindi all'economia del territorio e a famiglie, pmi e istituzioni che ne formano il tessuto sociale, oltreché alla retribuzione dei soci (il dividendo è stato sempre pagato con l'eccezione del 2020 a causa dello stop imposto dalla Bce per il Covid) e al risparmio tanto che «la matrice di banca popolare impone un catalogo formato di prodotti e servizi lineari, di facile comprensione e non prettamente speculativi».
Nata nel marzo del 1871 la banca, dopo essersi rafforzata tra Sondrio e Morbegno, si espande negli Anni 70 a Milano e poi, negli Anni '90, a Roma fino a oltrepassare il confine con la Svizzera con l'apertura di Banca Popolare di Sondrio Suisse. Da banca locale rivolta a una clientela di artigiani, commercianti e agricoltori, specchio di una economia prevalentemente rurale, l'istituto diventa un interlocutore a livello nazionale presente in sette regioni e radicato nei diversi territori a cui si rivolgono imprenditori, capitani di impresa, enti pubblici e università. Artefice della trasformazione, passata anche dalla quotazione in Piazza Affari, è stato Piero Melazzini, direttore generale dal 1969 al 94 e quindi presidente fino al 2014. Nel corso degli anni ha tenuto banco la rivalità con Creval, fondato nel 1908 e trasformatosi in spa nel 2016. A chi ipotizzava un matrimonio di interesse tra le due popolari valtellinesi, la risposta di Pop. Sondrio era stata chiara: meglio soli. «Un'aggregazione con Creval sarebbe controproducente», aveva dichiarato Francesco Venosta, presidente di Pop. Sondrio, nel corso dell'assemblea dei soci del 2016. Oggi il Valtellinese è entrato Crédit Agricole dopo l'Opa chiusa con successo nel corso del 2021, mentre Pop. Sondrio è nel mirino di Carlo Cimbri, numero uno di Unipol, a maggior ragione dopo la recente archiviazione dell'indagine legata i rapporti di concambio in relazione alla fusione con FonSai. Unipol, oltre alla quota in Pop. Sondrio, controlla il 18,9% di Bper che, a sua volta, sta cercando di chiudere un accordo con il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi su Carige (di cui l'Fitd ha l'80%). La direzione sembra essersi già delineata, nonostante le parole di Cimbri. Il manager è salito nel capitale di Pop.
Sondrio assicurandosi un posto in prima fila dopo la trasformazione in spa, pur sottolineando sempre il valore della partnership e la disponibilità ad accettare qualsiasi strada Sondrio decida di intraprendere. Meglio però che il percorso passi Modena.
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