"La Procura scopra chi ha passato le azioni al gruppo francese"

L'accusa: sfruttate le basse quotazioni dei titoli per dar la scalata al gruppo

"La Procura scopra chi ha passato le azioni al gruppo francese"

Due denunce nel giro di ventiquattr'ore: una il 13 dicembre scorso, la seconda l'indomani, 14 dicembre. Stessa firma: l'amministratore delegato di Fininvest Danilo Pellegrino; stesso tema: la richiesta alla Procura di Milano di indagare sul comportamento di Vivendi nello scontro furibondo su Mediaset. Ma tra le due denunce c'è una differenza cruciale: nella prima Pellegrino si limita a esporre i fatti, senza indicare i possibili colpevoli. L'indomani, dopo il nuovo comunicato di Vivendi che annuncia di avere raggiunto il 12,32 di Mediaset, Fininvest rompe gli indugi e denuncia i rivali con nome e cognome: «chiede che codesto ufficio di Procura voglia procedere nei confronti di Vincent Bolloré quale presidente del Consiglio di sorveglianza di Vivendi, e Arnaud de Puyfontaine quale ceo di Vivendi».

Questo documento sta alla base della decisione del procuratore Francesco Greco e dei suoi pm di iscrivere Bolloré e Puyfontaine nel registro degli indagati per il reato di aggiotaggio. Una mossa tanto clamorosa quanto inevitabile, vista la precisione delle accuse che la denuncia di Fininvest muove ai capi del colosso francese. «L'atteggiamento tenuto fin dal primo momento da Vivendi e gli atti posti in essere quest'oggi - scrive Pellegrino il 13 dicembre, dopo che i francesi hanno annunciato di avere in mano il 3,01 di Mediaset - rendono più che evidente una precisa strategia connotata da una condotta antigiuridica volta ad una acquisizione di consistenti quote di Mediaset ad un prezzo assai inferiore al reale valore di mercato». Il giorno dopo, quando Vivendi dice di avere raggiunto il 12,32%, ecco il seguito di denuncia: «visto il livello delle negoziazioni avvenute nella giornata di ieri, 13 dicembre, l'incremento della partecipazione di Vivendi non può che essere avvenuto in data antecedente al comunicato del 12 dicembre in cui (contrariamente al vero) si comunicava il raggiungimento del 3,01%». Balle, insomma, dette ai mercati per manovrare sul titolo: e gli illeciti «dovrebbero essere necessariamente ascritti in prima istanza ai vertici del gruppo francese». Cioè Bolloré e de Puyfontaine.

Le due denunce sono stringate. Ma il 22 dicembre Niccolò Ghedini deposita in Procura una memoria d'accusa assai più dettagliata, in cui si ripercorre passo per passo l'accordo tra Fininvest e Vivendi poi rotto dai francesi: «è verosimile, e ciò risulterà sicuramente dalle indagini di codesto uffici, che proprio alla data del 1 luglio Vivendi si fosse determinata a recedere dagli accordi e a puntare all'acquisto di un partecipazione rilevante in Mediaset». Rottura e comunicati farebbero insomma parte di una strategia studiata a tavolino per scalare Mediaset sottocosto.

«Sarebbe - aggiunge Ghedini - di assoluta rilevanza esperire una approfondita investigazione sulla provenienza dei titoli compravenduti, con quale denaro erano stati acquistati e la sorte finale della enorme plusvalenza che si è realizzata in pochissimi mesi», circa 250 milioni di euro. L'investigazione è cominciata.

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