Pronto lo scippo sulle pensioni. Chi rischia la grande "botta"

Le misure allo studio del governo prevedono penalizzazioni sugli assegni. E la stangata arriva già a gennaio. Tutti i calcoli

   Pronto lo scippo sulle pensioni. Chi rischia la grande "botta"

Comunque vada saranno tagli. Il governo giallorosso da qualche giorno ha avviato un dialogo con i sindacati per definire il nuovo panorama previdenziale che dovrebbe vedere la luce a partire dall'1 gennaio 2022. Mancano infatti 15 mesi all'esaurimento di Quota 100 che, come è noto, non sarà riconfermata. Ma dalle ceneri della riforma varata dal governo gialloverde che ha mandato in soffitta (per qualche tempo) la Fornero, nascerà una nuova strada previdenziale che potrebbe prevedere un'uscita anticipata a 64 anni di età con 38 anni di contributi. Ma con questa strada di fatto i pensionati che lasceranno il lavoro a gennaio 2022 perderanno almeno il il 3 per cento dello quota contributiva fino allo scoccare dei 67 anni, età d'uscita prevista dalla legge Fornero. Il piano previsto dall'esecutivo potrebbe essere conveniente solo per coloro che sono ormai prossimi all'uscita. Per questa tipologia di lavoratori verrà calcolato un assegno con sistema misto, tenendo conto del retributivo e del contributivo.

Chi rischia la batosta

Per gli altri si tratta invece di una batosta che potrebbe pesare sempre di più nei prossimi anni. Chi infatti andrà via con il sistema contributivo integrale rischia una vera botta sull'assegno. E la penalizzazione sarebbe ancora più forte per chi lascerebbe il lavoro con l'altra strada indicata dal governo: quota 102. In questo caso ci sarebbe un calcolo integralmente contributivo con due effetti: risparmi per le casse dello Stato che non dovrebbe calcolare assegni basandosi sul retributivo e tagli all'assegno per il lavoratore per ogni anni di anticipo rispetto alla quota Fornero.

Ma prima del 2022 c'è da tenere d'occhio l'anno che inizierà fra tre mesi. Il 2021 porterà già della penalizzazioni sull'assegno. I nuovi coefficienti di trasformazione saranno più bassi e con un ricalcolo dell'assegno, per chi lascia ci sarà un'altra stangata. Dal 2009 la perdita complessiva sull'assegno pensionistico si aggira intorno al 12 per cento. Il risultato? Chi andrà in pensione a gennaio prossimo, avrà un assegno più basso rispetto a chi (con la stessa mole di contributi versati) ha deciso di lasciare il lavoro negli anni precedenti.

Le differenze sugli assegni

E in questo quadro chiarisce l'idea un esempio pratico che ha proposto qualche giorno fa Italia Oggi. Un pensionato con un montante contributivo di 100mila euro e con un'uscita dal lavoro a 65 anni avrebbe riscontrato sostanziali differenze sull'assegno in base alla finestra utilizzata per lasciare l'attività lavorativa. Con un'uscita nel 2009 avrebbe percepito un assegno da 6.136 euro.

Nel 2012 sarebbe già sceso a 5.620 per arrivare ai 5.326 euro nel biennio 2016-2018. Negli ultimi due anni invece avrebbe perso altri 81 euro. In totale, più o meno, un pensionato che ha lasciato il lavoro a 65 anni tra il 2009 e il 2019, a parità di montante contributivo, avrebbe dovuto fare i conti con uno scarto di circa 800 euro. Ed è per questo motivo che bisogna fare molta attenzione alle scelte che sta per fare il governo giallorosso.

I nuovi sistemi di uscita anticipata saranno quasi certamente penalizzanti. E a questo vanno aggiunte altre due spine nel fianco dei pensionati: il blocco delle rivalutazioni e il taglio (arbitrario) per 5 anni delle pensioni d'oro.

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