Rimbalzo fallito, Borse in rosso

Dopo il crollo di lunedì, i listini europei restano nella morsa di Grecia e petrolio. Che scende sotto i 48 dollari al barile

Rimbalzo fallito, Borse in rosso

Nei giorni festivi, come l'Epifania di ieri, gli investitori attivi sono pochi e gli scambi esigui. Il verdetto, quindi, sarà chiaro solo oggi, ma un dato è assodato: malgrado la caduta verticale di lunedì con 200 miliardi di capitalizzazione perduta in tutta Europa, ieri la prova di rimbalzo è fallita: dopo essere arrivata a recuperare l'1,7%, Piazza Affari, che alla vigilia aveva perso quasi il 5%, ha chiuso ancora in rosso (-0,25%). Deboli anche gli altri listini, a partire da Madrid (-1,2%).

A intrappolare i mercati resta il calo del petrolio, finito ieri a New York sotto la soglia dei 48 dollari al barile Wti, e il vuoto politico creatosi in Grecia, dove le elezioni del 25 gennaio, con la sinistra radicale antieuropeista di Syriza in testa nei sondaggi, equivalgono a una sfiducia sulla moneta unica, scivolata ieri a 1,19 sul dollaro. La permanenza di Atene nell'Eurozona «è irrevocabile», ha messo le mani avanti il vicepresidente Commissione europea, Jirky Katainen, convinto che il Vecchio continente abbia bisogno di «dare alla Grecia un messaggio di stabilità» e Atene di «un programma di riforme per la crescita». Forse dovremo minacciare sanzioni» per spingere gli Stati a fare le riforme strutturali, si tratta di «un'opportunità che ancora non abbiamo usato», ma è un fatto che la crisi attuale «è più strutturale che dovuta ai bilanci pubblici», ha poi tuonato Katainen con la classica politica del bastone e della carota. In realtà i mercati temono come minimo che la Troika dovrà rinegoziare il debito ellenico e come massimo la secessione del Paese. Ed è qui, sul terreno di quella che, con una crasi, è definita la «Grexit» che è in corso la guerra fredda tra la Germania di Angela Merkel e Atene. Da un lato Berlino che ha smentito, solo tardivamente, le voci che la vorrebbero non così preoccupata dall'eventuale addio della Grecia all'eurozona, e dall'altro Atene che, sapendo di avere poco da perdere, alza la posta. Secondo alcuni osservatori si tratta di un bluff. Sotto cui si nasconde tuttavia il rischio di un «ammutinamento» generalizzato dei Paesi periferici e, quindi, il cháos , che, non per nulla, è un termine greco.

Il resto è il terrore sollevato da un prezzo del greggio mai così basso dal 2009, con gli analisti che preconizzano già «una lotta per la sopravvivenza», una «Hunger games» tra le big del petrolio. La palma del pessimismo spetta a Bernstein Research, secondo cui il settore sarebbe in recessione anche a 80 dollari al barile, ma anche Moody's prevede un 2015 «impegnativo» per il comparto, con investimenti in calo tra il 10 e il 40% e un ribasso dei profitti del 12-30%. Per Citigroup quest'anno l'oro nero si fermerà a una media di 63 dollari contro gli 80 previsti.

Forse il modo per risolvere il rompicapo sarebbe, il 22 gennaio, liberare le mani alla Bce sul quantative easing , ma anche qui la Germania fa orecchie da mercante. Questa mattina, con la ripresa delle attività, sapremo quanta paura hanno ancora i grandi investitori.

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