
L'Istat rivede al rialzo le stime di crescita del Pil 2024 e deficit e debito migliorano. Il prodotto interno lordo l'anno scorso ha segnato un 0,7%, in leggero aumento rispetto alla precedente stima del +0,5% anche se inferiore al +1% indicata dal governo nel Piano strutturale di bilancio. Il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 2.192.182 milioni di euro, segnando un incremento del 2,9% rispetto all'anno precedente. L'Istat ha rivisto al rialzo il tasso di crescita del Pil per il 2022, portandolo dal +4,7 al +4,8%, con lievi aggiustamenti nelle componenti. Per il 2023, invece, il tasso di crescita in volume resta fermo allo +0,7 percento. Dunque negli ultimi due anni il tasso di crescita è rimasto invariato.
Il saldo primario, che misura l'indebitamento netto esclusa la spesa per interessi, è tornato positivo nel 2024, attestandosi a +0,4% del Pil, in notevole miglioramento rispetto al -3,6% del 2023. Il rapporto deficit/Pil è sceso al -3,4%, migliore delle previsioni governative che stimavano un -3,8%. Anche il debito pubblico, pur in crescita al 135,3% del Pil dal 134,6% del 2023, risulta inferiore alla previsione del governo, fissata al 135,8 percento.
Soddisfatto il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (in foto). «I dati Istat di oggi confermano, come da sempre sostenuto con convinzione, che la finanza pubblica è in una condizione migliore del previsto», ha commentato aggiungendo che «l'avanzo primario certificato dall'Istat è una soddisfazione morale. La crescita corrisponde a quella che avevamo aggiornato a dicembre». Tuttavia, Giorgetti ha sottolineato l'importanza di non abbassare la guardia. «Naturalmente tutto questo è confortante ed è ragione di soddisfazione. Ma non possiamo fermarci: ora la sfida è la crescita in un contesto assai problematico non solo italiano ma che coinvolge tutta Europa», ha concluso.
Dal lato della produzione, il valore aggiunto è aumentato del 2% in agricoltura, dello 0,6% nei servizi e dello 0,2% nell'industria. La domanda interna ha registrato una crescita modesta (+0,5% negli investimenti fissi lordi e +0,6% nei consumi finali nazionali), mentre le esportazioni sono aumentate dello 0,4% a fronte di un calo delle importazioni dello 0,7%. Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida ha accolto positivamente i dati, dichiarando che «il settore primario traina la crescita economica dell'Italia, registrando un incremento del valore aggiunto del 2%. Agricoltura, silvicoltura e pesca sono tra i settori con la crescita più significativa». Crescono le entrate fiscali e contributive (+5,7%), ma crollano quelle in conto capitale (-72,4%) a causa soprattutto della «significativa riduzione dei contributi a fondo perduto dell'Ue - evidenzia l'Istat - relativi al Pnrr a fronte del rallentamento degli investimenti realizzati». È invece aumentata di un punto percentuale la pressione fiscale: al 42,6% dal 41,4% del 2023.
Più critico il commento di Confesercenti, che ha evidenziato come la crescita dei consumi sia stata debole
(+0,4%) e inferiore alle aspettative, nonostante il calo dell'inflazione. L'associazione ha segnalato che la quota di consumi sul Pil è scesa al 56,7%, con un possibile rallentamento della spesa nell'ultimo trimestre del 2024.
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