Saipem al bivio: o la svolta o la «resa»

Di qui al 2017 si gioca il suo futuro: nuovo piano in autunno, sperando nel petrolio

Maya Del Nero

Il chiodo fisso di ogni analista che segue il titolo Saipem è uno solo: il 2017. Da qualsiasi parte si guardi la società di ingegneria petrolifera i fatti di oggi (dai numeri della semestrale, alle nuove commesse, passando per il prezzo del petrolio) serviranno a capire se i prossimi 12 mesi saranno quelli della svolta o della «resa». Un bivio al quale Saipem è arrivata dopo anni difficili, influenzati dalla precedente gestione che ha inanellato due profit warning e una serie di scandali giudiziari. Lo scorso autunno, poi, sopraggiunta la tempesta petrolifera, si è tentato il cambio di rotta. Con al timone il nuovo ad Stefano Cao, Saipem ha messo in piedi un piano di sviluppo provando il rilancio anche attraverso un aumento di capitale da 3,5 miliardi che ha avuto il doppio effetto di ridurre il debito che gravava sulla società per oltre 5 miliardi e far uscire la società dal consolidamento dell'Eni (sceso al 30,4%). Peccato che, complice un momento di mercato tra i meno azzeccati (fronte Borsa e lato petrolio) l'operazione sia stata un vero bagno di sangue per gli azionisti, grandi e piccoli.

Tra i primi a farne le spese in maniera acclarata è stata la Cdp che, rilevando il 12,5% dall'Eni pre-aumento per 463 milioni, e spendendone 437 milioni per sottoscrivere l'aumento, ha messo sul piatto 900 milioni per una quota il cui valore si è poi dimezzato. Oggi il titolo è fermo in area 0,4 euro, poco sopra il prezzo di emissione post aumento (0,362 euro) e meno della metà rispetto al prezzo (rettificato) di inizio anno. Cosa aspettarsi nei prossimi mesi?

Gli analisti parlano della possibilità di «acquistare» l'azione come una vera e propria «scommessa» sempre e comunque dipendente dal prezzo del petrolio e dalle prospettive 2017. Ma una scommessa che se dovesse essere vinta, potrebbe rilevarsi un «buon affare» (come scrivono per Banca Akros e Mediobanca), alla luce del basso valore a cui viaggia oggi il titolo. Ma le variabili in gioco non mancano. Le carte saranno certamente scoperte in autunno quando la società dovrebbe rimettere mano al piano industriale. «Il business plan di fine ottobre 2015 era già da rifare dopo due mesi» chiosa ironicamente un analista scommettendo su una revisione sicura tra qualche mese e puntando sul fatto che difficilmente però Saipem cambierà la propria strategia. «Quelli che saranno rivisti saranno sostanzialmente i numeri commenta : più di tanto la società non può snaturarsi». Un esplicito riferimento alle recenti dichiarazioni del presidente Paolo Andrea Colombo «sulle interessanti opportunità del gruppo nelle rinnovabili» in particolare con riferimento al progetto in corso con i norvegesi di Statoil per installare una wind farm al largo della costa scozzese. «Non vedo grandi possibilità di diversificazione in quel campo per la società che deve concentrarsi su perforazione, ingegneria e costruzione in mare e a terra e sul gas naturale». Come a dire che Saipem non sarà una nuova Erg e che dal prezzo del petrolio e dalle prossime commesse dipende il suo futuro.

Partendo dal primo aspetto, l'olio nero è tornato a preoccupare quotando intorno ai 41 dollari al barile. A settembre è atteso un importante vertice Opec e l'Agenzia internazionale dell'energia (Aie) ha abbassato le sue stime sulla crescita della domanda mondiale di petrolio, come conseguenza di prospettive economiche meno favorevoli (Brexit). Insomma, prima del 2017 non ci sarà equilibrio tra domanda e offerta. Una spada di Damocle visto che l'andamento del petrolio sarà fondamentale per i progetti di tutte le società che, come Saipem, vivono di commesse. Non per altro, la preoccupazione emersa dopo la presentazione dei conti relativi al primo semestre è legata al fatto che un elevato numero di contratti ad alta marginalità appartenenti al segmento perforazione si sta avviando al termine. Certo, il secondo trimestre 2016 è andato abbastanza bene per la società (con la semestrale è emerso che il gruppo ha raccolto ordini per 3,3 miliardi, valore al quale si devono aggiungere oltre 2,5 miliardi di nuovi contratti acquisiti a luglio, per un portafoglio residuo a giugno di 13,8 miliardi), ma nonostante ciò, Saipem ha deciso di rivedere al ribasso la guidance 2016 portando l'obiettivo sui ricavi da 11 a 10,5 miliardi, sull'ebit a 600 milioni, sull'utile netto rettificato a 250 milioni e quello sul debito netto a 1,5 miliardi. Uno stato di cose che apre molti interrogativi: Equita precisa che a oggi per raggiungere le previsioni 2017 sono necessari altri «3-4 miliardi di ordini nei prossimi 6-9 mesi». E se da una parte Mediobanca ritiene che la società «sia ben posizionata per cogliere una potenziale ripresa della spesa nel settore oil&gas a livello internazionale», dall'altra, vengono a scadere tanti contratti, e questo, resta un motivo di preoccupazione per altri analisti.

A fare la differenza nei

prossimi mesi saranno il progetto Nord Stream 2, la cui aggiudicazione dovrebbe avvenire nel terzo trimestre; nuove possibili opportunità in Mozambico; lo stato delle commesse in Sudamerica e, su tutti, l'andamento del petrolio.

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