Superata la crisi e recuperati livelli di redditività elevati, le piccole e medie imprese italiane ora frenano. Il rapporto Cerved 2018 dedicato alle pmi e presentato ieri in Borsa, segnala da un lato che il sistema imprenditoriale è tornato sui numeri precedenti al 2007 con 150mila aziende e dall'altro avvisa: la ripresa, dopo aver raggiunto il picco nel 2017, si è arenata nella prima parte di quest'anno.
Il rapporto evidenzia, infatti, come nel primo semestre siano state costituite poche società di capitale (+1,3% rispetto al +8,2% registrato nello stesso periodo dell'esercizio precedente) e, di contro, siano aumentate le liquidazioni volontarie (+3,1%). Per quanto poi riguarda i pagamenti sono in crescita le fatture non pagate nei termini pattuiti e i giorni di ritardo i giorni medi (10,8). Tutti segnali poco incoraggianti in merito ai quali Valerio Momoni, direttore marketing e business development di Cerved, evidenzia un «rallentamento preoccupante, soprattutto alla luce dello scenario macroeconomico internazionale e dalla crescente sfiducia sui conti pubblici italiani».
Non solo. Il manager del Cerved ricorda poi come «gli aumenti prolungati degli spread abbiano chiare conseguenze negative sui conti delle imprese in termini di freno agli investimenti, redditività e rischio default». Più in dettaglio, un aumento di cento punti base del costo del debito delle pmi si traduce in un calo in termini di redditività («Roe») di un punto percentuale.
Il rapporto si concentra poi su quelle 5mila piccole e medie imprese ritenute attraenti per un fondo di private equity o per l'intero mercato (ben 699 sono giudicate quotabili): l'iniezione di fondi, tramite la quotazione in Piazza Affari o l'ingresso di fondi porterebbe a un incremento del Pil di quattro punti percentuali.CM
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