Sigaro Toscano si fuma la quotazione

"Ora in Borsa non ci sono le condizioni". E aumenta il rischio di altri dietrofont. Lo stop del gruppo del made in Italy valutato 400 milioni

Sigaro Toscano si fuma la quotazione

Le vendite che hanno colpito Piazza Affari nelle ultime sedute fanno paura al Sigaro Toscano che rinuncia a quotarsi nell'anno del suo bicentenario. «Le condizioni economiche e l'attuale volatilità del mercato borsistico non permettono al momento di apprezzare compiutamente il valore di Manifatture Sigaro Toscano», spiega la società, annunciando un passo indietro dal pesante significato politico ed economico.

Se, infatti, era già chiaro che il 2018 non sarebbe stato l'anno delle grandi quotazioni, il dietrofront di questa eccellenza del made in Italy dà il polso delle conseguenze economiche degli scossoni politici degli ultimi giorni: le tensioni con Bruxelles sul Def, la fuga degli investitori istituzionali e i cali di Borsa con l'impennata dello spread. A saltare è di fatto un'operazione in cui Piazza Affari credeva molto: la società sarebbe stata valutata 400 milioni, ma in queste condizioni «a un prezzo sicuramente troppo basso».

Tuttavia il gruppo Sigaro Toscano, «i cui fondamentali sono e rimangono solidi, continuerà il suo percorso di sviluppo valutando altre possibili leve strategiche». In soldoni, i capitali che sarebbero stati raccolti con la quotazione e impiegati per lo sviluppo saranno cercati altrove. Una strada percorribile anche grazie alla platea di «soci noti» che compongono l'azionariato: Aurelio Regina è azionista con il 10,25%, Piero Gnudi con il 14,3%, il Gruppo Maccaferri con il 50,08%; Luca Cordero di Montezemolo con il 14,3%, Marco Valli con il 10,25% e Matteo Tamburini con lo 0,8 per cento.

In ogni caso la società non ha escluso di poter cambiare idea: «l'Ipo rimane una delle possibili opzioni future». Il gruppo ha, infatti, tutte le caratteristiche economiche e «di status» per avere successo in Piazza Affari: ha chiuso il 2017 con 210 milioni di sigari venduti, un fatturato in crescita a 102,1 milioni, un ebitda di 32,8 milioni e un utile netto di 17,6 milioni. Valori che sono ulteriormente migliorati nel primo semestre del 2018: il fatturato è cresciuto del 3,4%; l'ebitda del 4% e l'export del 10 per cento. Al di là dei conti, il «Toscano» rappresenta poi un simbolo della storia italiana: Pietro Mascagni lo fumava anche quando, seduto al pianoforte, componeva la sua musica immortale. Mario Soldati - scrittore, giornalista, regista, sceneggiatore scomparso 15 anni fa ne era un grande estimatore. Il mezzo toscano fra le dita si è visto spesso anche in politica (da Pier Ferdinando Casini a Umberto Bossi, fino a Fausto Bertinotti) e nel mondo del calcio con Marcello Lippi, ex ct della Nazionale, spesso ritratto immerso in una nuvola di fumo.

Il dietrofront del Sigaro Toscano sulla strada che porta in Piazza Affari potrebbe però non essere un caso isolato.

Nel 2018, escludendo l'Aim, per motivi congiunturali c'è stata solo una quotazione, quella di Carel Industries, sull'Mta: livelli che non si vedevano dal 2009. Un'incertezza che potrebbe, a questo punto, riguardare anche la padovana Piovan, Compagnia Valdostana delle Acque, che fa capo alla regione Val d'Aosta tramite Finaosta, come pure Garofalo Healtcare. Tutte società pronte a fare «il grande passo». Così, le grandi quotazioni sono tutte rimandate al 2019: la più rilevante sarà Nexi, la ex-Cartasì.

Ci potrebbe essere poi Eataly di Oscar Farinetti, l'utility Estra e Octo Telematics. Tra i grandi gruppi resta da capire il destino di Magneti Marelli, per la quale Fca ha avviato lo scorporo. E di De Cecco.

Alla finestra anche le aziende che fanno capo a Cdp: Sia, Valvitalia ed Ansaldo Energia.

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