Ricevere una cartella non è mai un'esperienza piacevole, anche quando si tratta di un errore. Non risulta difficile, quindi, immaginare la reazione del ceo di Microsoft, Satya Nadella, quando sulla sua scrivania lo scorso settembre è arrivata la letterina dell'Internal Revenue service - il collega americano dell'Agenzia dell'Entrate - che chiedeva alla sua azienda di versare tasse arretrate per 28,9 miliardi di dollari (circa 27,4 miliardi di euro) per gli anni fiscali che vanno dal 2004 al 2013, cifra comprensiva di sanzioni e interessi. Le tasche di Redmond sono grandi, ma sono cifre tali da non lasciare indifferente nemmeno un colosso che nel 2022 ha fatturato quasi 200 miliardi.
La storia è venuta a galla perché la big tech Usa ha deciso di rivelare questa maxi controversia con il fisco americano, che la accusa di avere attuato cavilli contabili per attribuire entrate a Paesi esteri con l'intento di pagare meno tasse. Microsoft ha detto ovviamente di non essere d'accordo con i rilievi dell'Irs, anticipando di essere pronta a fare ricorso di fronte a un Tribunale. Tuttavia, ha messo le mani avanti, «le questioni sollevate dall'Irs sono rilevanti per il passato ma non per le nostre pratiche attuali». E, udite e udite, una scialuppa di salvataggio potrebbe arrivare dall'ex presidente Donald Trump, uno certo meno progressista del fondatore di Microsoft Bill Gates, ma le cui leggi fiscali potrebbero ridurre - almeno secondo il big Usa - il salasso a 10 miliardi di dollari.
Colossi tecnologici multinazionali come Microsoft, Apple o Amazon sono già stati accusati da governi di tutto il mondo di ricorrere a numeri fiscali da mago Silvan verso Paesi a tassazione bassa o inesistente per massimizzare i loro già pingui profitti. Ed è anche per questo che si sta andando a grandi passi verso l'introduzione di una Global minimum tax, una tassa minima globale che punta ad azzerare queste pratiche. In attuazione di una direttiva europea, con la prossima manovra di bilancio dovrebbe entrare in vigore dal primo gennaio la versione italiana di questa tassa che è attesa al 15% per un gettito stimato di 2-3 miliardi.
In questa direzione si sta muovendo anche l'Ocse - l'organizzazione internazionale dei Paesi più industrializzati al mondo - che prevede la firma entro l'anno di un'intesa per ripartire in modo più equo tra gli Stati gli introiti fiscali delle grandi multinazionali. Tegole su tegole per Microsoft, già intenta in un corpo a corpo epico con l'Antitrust britannico per sbloccare l'acquisizione da 68 miliardi di Activision nel settore videogiochi.
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