Sud, 2 milioni in fuga negli ultimi 16 anni: la metà sono giovani

Tra le cause della fuga, l'inefficienza del sistema sanitario: il costo delle cure per gravi patologie porta all'impoverimento

Sud, 2 milioni in fuga negli ultimi 16 anni: la metà sono giovani

Sono quasi due milioni, le persone che negli ultimi 16 anni hanno lasciato l'Italia, in particolare quella del Sud. Di questi, circa la metà sarebbero giovani, di età compresa tra i 15 e i 34 anni.

È quanto emerge dal Rapporto Svimez 2018, le cui anticipazioni sono state presentate oggi a Roma. Un quinto dei giovani emigrati sarebbero laureati e la fuga dal Sud si sarebbe resa necessaria da una pressione fiscale elevata, che non è facilmente sopportabile considerando i redditi del luogo, e dalla carenza di diritti fondamentali. La situazione sembra essere particolarmente grave nel campo socio-assistenziale e sanitario: sono carenti i servizi per bambini, anziani e persone non autosufficienti e gli ospedali del Meridione sono carenti di personale e di materiale. Lo ha dimostrato il caso del pronto soccorso di Reggio Calabria, che usava il cartone per steccare arti fraturati o slogati, come ha documentato Il Giornale. Inoltre, l'insorgere di gravi patologie costituisce sempre più spesso una delle cause più importanti di impoverimento delle famiglie italiane, soprattutto al Sud.

Del milione e 883mila residenti che hanno lasciato le zone del Sud negli ultimi 16 anni, 800mila non avrebbero fatto ritorno, trasferendosi all'estero.

Nel 2017 il Pil è cresciuto dell'1,4%, recuperando parzialmente il patrimonio economico e sociale, perso durante la crisi economica, ma la ripresa, secondo quanto riportato nel Rapporto Svimez, è a rischio. In assenza di una politica adeguata, infatti, potrebbe verificarsi una brusca frenata, causata dalla mancanza di investimenti pubblici.

Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori, ha commentato: "Una grave denuncia.

E' già indegno di un Paese civile non garantire assistenza sanitaria realmente gratuita, come sanno tutti i malati gravi che, in tutta Italia, sono costretti a fare visite private, sia per accorciare i tempi di attesa sia per rivolgersi a professori conosciuti ed affermati. Ancor più grave, poi, che questo li faccia precipitare nella povertà".

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