Taglio cuneo fiscale: ecco perché i lavoratori rischiano la beffa

Il nuovo governo assicura che ridurrà le tasse sul lavoro, ma non è detto che l'alleggerimento delle tasse alle imprese finiscano in busta paga

Taglio cuneo fiscale: ecco perché i lavoratori rischiano la beffa

Cuneo fiscale. Sono le due parole che stanno tenendo banco negli ultimi giorni, visti i proclami del nuovo esecutivo sul taglio delle tasse. Lo stesso Giuseppe Conte nel suo intervento programmatico di ieri alla Camera – e in quello di oggi in programma in Senato – ha ribadito l'intenzione dei giallorossi di ridurre le imposte sul lavoro, alle imprese e ai dipendenti, con un occhio di riguardo alle buste paga più leggere.

Come? Il premier ha ribadito la ricetta: affinché tutti paghino meno, tutti devono pagare. Quindi, lotta all'evasione fiscale grazie alla digitalizzazione, in primis. In secundis, il presidente del Consiglio ha annunciato la revisione delle centinaia e centinaia di agevolazioni fiscali.

Bene, ecco allora il nodo del famigerato cuneo fiscale, l'indicatore del rapporto tra tutte le tasse sul lavoro e il costo del lavoro complessivo. Insomma, la differenza fra quanto un dipendente costa all'azienda e quanto prenda di stipendio lordo.

Ammesso che Movimento 5 Stelle e Partito Democratico trovino effettivamente i soldi per rivedere il fisco, c'è un "ma" bello grosso. Che è il seguente: non è assicurato che gli eventuali soldi risparmiati dal datore di lavoro vadano, di rimbalzo, a rimpolpare lo stipendio del proprio operaio o impiegato.

Insomma, dipende come si taglia il "cuneo": se le forbici andassero dritte sull'Irpef ecco allora che i dipendenti ne beneficerebbero, se

invece si alleggerisse solo l'Irap (pagata da chi svolge attività d'impresa e non dalle persone fisiche) ecco che i lavoratori dipendenti potrebbero vedersi beffati e non rintuzzati in busta paga a fine mese.

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