Anche le colombe nel loro piccolo «s'incazzano». È successo nell'ultima riunione della Bce, lo scorso 12 aprile, quando i falchi hanno imposto ancora una volta di lasciare invariati i tassi al 4,5%. Un ennesimo calcio al barattolo, nonostante un'inflazione ormai in palese ritirata, poco gradito a quell'ala minoritaria dell'Eurotower di cui fa parte anche il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta. Al punto che, fatto raro nella storia ventennale dell'istituto di Francoforte, il dissenso è finito nei verbali del vertice, diffusi poi ieri. Il primo affondo riguarda la riduzione del bilancio dell'Eurosistema (che) sta avendo un impatto restrittivo sull'economia; il secondo punta il dito contro la miopia di quanto non si sono accorti che l'equilibrio dei rischi è cambiato, e che il pericolo di pagare un prezzo troppo alto in termini di calo dell'attività era ormai almeno altrettanto elevato quanto il rischio di agire troppo presto.
Frasi che segnalano, dopo mesi di infruttuose pressioni volte a cambiare la rotta intrapresa dal luglio del 22, un'insofferenza ormai a livello di guardia rispetto a quella che molti hanno definito la tassa Lagarde. Cioè il dazio che ha condannato l'eurozona a una crescita dello zero virgola, destinata a peggiorare con le nuove regole del Patto di stabilità che cancelleranno ogni margine per manovre espansive. Che la Bce sia in ritardo rispetto a una naturale tempistica di alleggerimento lo vanno da tempo sostenendo molti economisti e l'intero universo di famiglie e imprese che patiscono il peso di prestiti sempre più onerosi. A ricordarlo è stato ieri il vicepremier e segretario di Forza Italia Antonio Tajani al Family Business Forum in corso a Lecco: Ha sbagliato la Bce ad alzare i tassi perché la nostra inflazione ha una provenienza esogena legata al costo delle materie prime. Quindi è giunto il tempo, da parecchio, di abbassare i tassi e agevolare l'accesso al credito alle imprese onde evitare una stagnazione.
Le minute di aprile della Bce hanno comunque confermato che un taglio del costo del denaro da un quarto di punto verrà deciso in giugno, quando l'istituto avrà a disposizione le nuove proiezioni economiche, da cui potrà derivare un'analisi più completa dei principali rischi e delle loro implicazioni per la stabilità dei prezzi. Il problema è quale sarà il percorso da luglio in poi. I mercati scommettono ancora su tre sforbiciate entro la fine dell'anno, ma la Lagarde (in foto) ha più volte ribadito come non ci sia un piano di volo prestabilito e che saranno i dati a indicare la via da seguire. Inoltre, va considerata la variabile Fed, ovvero la possibilità che la banca centrale Usa tenga le bocce ferme fino a dicembre non essendo ancora riuscita a domare il carovita.
Il disaccoppiamento da Eccles Building in materia di politica monetaria avrà però un costo, sotto forma di inflazione importata causa un dollaro più debole. Resta così tutto da vedere se l'indipendenza dalla Fed non è una bandiera destinata a essere presto ammainata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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