Tesla in altalena, ieri a Wall Street, dopo un avvio in rosso del 2,2%. Ai timori del mercato a causa di un terzo trimestre definito deludente per i cali di produzione (430.488 vetture rispetto alle 479.700 dei tre mesi precedenti) e vendite (435.059 veicoli contro i 461.640 attesi dagli esperti e i 466.140 di aprile-maggio), si è aggiunto il mancato lancio del «Cybertruck». Elon Musk lo aveva infatti fissato per la fine di settembre. Lo stesso pick-up rivoluzionario, ovviamente elettrico, inoltre, sarebbe dovuto uscire già nel 2021. Il numero uno di Tesla, a questo punto, ha rassicurato il mercato, confermando che «l'obiettivo di volume per il 2023 di circa 1,8 milioni di veicoli rimane invariato». A favore di Elon Musk giocano anche i listini applicati alla gamma americana. Di fronte alla crescente concorrenza nel mercato elettrico, Tesla ha di fatto apportato diverse riduzioni di prezzo negli Stati Uniti, in Europa e in Cina
A Tesla, comunque, i problemi non mancano: a impattare sui volumi, infatti, è anche la chiusura più lunga del previsto degli stabilimenti di Austin (Stati Uniti) e Shanghai (Cina) per gli aggiornamenti delle attrezzature.
Intanto, in Europa possedere una Tesla continua a fare tendenza, oltre a poter beneficiare di una rete di infrastrutture di ricarica capillare. Nel Vecchio continente le immatricolazioni sono salite, tra gennaio e agosto, del 144,7% a 238.686 unità (+242,5% nel solo mese di agosto, con la Model Y in testa alla top ten delle vendite).
In Italia, invece, secondo i dati resi noti ieri, nei primi 9 mesi dell'anno, i modelli Tesla consegnati sono stati complessivamente 12.032 (+208,8%), nonostante la battuta d'arresto registrata a settembre: -25%.
Del resto, l'Italia continua a essere maglia nera nelle vendite di vetture 100% elettriche nel Vecchio continente e lo scorso mese - a fronte di un mercato generale cresciuto del 22,8% - c'è stato un nuovo calo del 2,2% che significa una quota di penetrazione pari al 3,6% (3,9% da gennaio). E sempre nel nostro Paese, se nel 2022 una vettura elettrica su 10 acquistata era una Tesla, nei primi 9 mesi dell'anno in corso 1 auto a batteria su 4 appartiene alla Casa fondata da Musk.
Non bisogna però dimenticare che, a livello europeo, il 32% di questi veicoli provengono dallo stabilimento di Shanghai. Ecco, allora, che la stessa Tesla, ma anche Volvo, controllata dal colosso Geely, saranno chiamate ad affrontare l'indagine dell'Unione europea sui sussidi a vetture cinesi. Il commissario Ue al Commercio, Valdis Dombrovskis, ha dovuto ammettere, in un'intervista al Financial Times, che nel mirino ci sono tutti i veicoli elettrici made in China. «A rigor di termini - le sue parole - l'indagine non si limita solo ai veicoli elettrici di marca cinese, ma possono riguardare altri costruttori se ricevono sussidi alla produzione. L'Ue è aperta alla concorrenza nel settore dei veicoli elettrici, ma la concorrenza deve essere leale».
Tesla, in particolare, esporta auto elettriche in Europa da Shanghai, anche se i numeri potrebbero diminuire bruscamente con l'apertura del suo impianto a Berlino.
Allo stato attuale, circa un quinto di tutti i veicoli elettrici venduti in Europa sono prodotti in Cina: nella prima metà del 2023, erano l'11,2% di quelli consegnati in Germania, secondo il Centro per gli studi strategici e internazionali (Csis). Poco più del 90% proveniva da marchi europei di proprietà cinese, come la britannica MG (Saic) o la svedese Volvo con Polestar, oppure da joint venture tra aziende europee e cinesi come Dacia Spring, Smart o Bmw iX3.
Dombrovskis sta cercando di
convincere Pechino a smantellare quelle che le aziende europee ritengono siano centinaia di barriere commerciali che hanno contribuito, lo scorso anno, a far schizzare il deficit al record di quasi 400 miliardi di dollari.
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