I suoi detrattori, e non sono pochi, cominciano a pensare che Shinzo Abe sia come quei medici che le tentano proprio tutte pur di rianimare un infartuato. Non contento dei risultati finora ottenuti, il premier giapponese intende ora irrobustire la terza freccia della cosiddetta Abenomics, quella che prevede liberalizzazioni, riforme del mercato e riduzioni delle imposte. Se gli steroidi della liquidità non bastano a tacitare chi considera impossibile coniugare un'inflazione al 2% con tassi bassi sul lungo periodo, ecco allora farsi strada l'idea di tagliare le tasse alle grandi aziende, un autentico macigno sulle spalle della Corporate Japan costretta a versare al fisco oltre il 38% dei propri proventi.
Il prosciugamento dell'aliquota su livelli più umani dovrebbe permettere alle imprese di avere più risorse a disposizione, magari da destinare alle assunzioni e agli investimenti. Ma non solo. Abe, che ha affidato il progetto a un team di tecnici per valutarne la fattibilità, punta anche ad attirare capitali stranieri e ad attutire l'inevitabile colpo di maglio che arriverà dal previsto incremento dell'Iva. Tokio dovrà decidere, al più tardi entro ottobre, se procedere davvero con un primo inasprimento, dal 5 all'8%, a partire dal prossimo aprile, cui far seguire, nell'ottobre 2015, un ulteriore aumento di altri due punti. La manovra, oggetto di forti polemiche così come in Italia, presenta tuttavia forti rischi.
Il più evidente è una contrazione dei consumi. Logico, dunque, procedere con cautela. Anche perché il Giappone, dopo un andamento talmente brillante nel primo trimestre da far gridare al miracolo (+3,8% su base annua), ha accusato un rallentamento della crescita tra aprile e giugno (+2,6%).
Il rincaro dell'Iva è però una misura che il governo nipponico difficilmente potrà evitare, trattandosi di un provvedimento di natura fiscale destinato alla riduzione del disavanzo.
È quanto i mercati si aspettano da un Paese seduto sopra la polveriera del suo gigantesco debito pubblico, pari al 245% del pil, per buona parte generato dalla recessione dei primi anni '90 e dall'invecchiamento della popolazione. In attesa di meglio valutare gli effetti dell'Abenomics, le agenzie di rating non hanno fatto finora sentire il fiato sul collo a Tokio. Gli ultimi downgrade risalgono ormai al periodo febbraio-maggio 2012, benché l'outlook negativo rappresenti una spada di Damocle pronta a calare in qualsiasi momento.
Nonostante il taglio alle tasse sulle grandi imprese sia per il momento scritto solo sull'acqua, l'indice borsistico Nikkei è salito ieri di quasi il 2,6% a 13.867 punti dopo avere toccato, nella seduta di lunedì, i minimi dal 27 giugno.
Dall'inizio dell'anno il Kabutocho ha messo a segno un guadagno del 30%. A beneficiare dell'ondata di acquisti sono state, ovviamente, alcune big del listino asiatico come Toyota, Sony e Canon, le più dirette interessate all'eventuale alleggerimento fiscale. Anche i venti di ripresa che soffiano (per la verità in modo molto lieve) su Eurolandia dovrebbero contribuire a migliorare i bilanci delle big Japan.
Particolarmente atteso è il dato di oggi sul pil nell'Eurozona nel secondo trimestre, che potrebbe sancire l'uscita dalla recessione dopo sei trimestri di contrazione se sarà confermata la crescita dello 0,2% stimata dagli analisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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