Tokio rafforza il bazooka. Ma le Borse si spaventano

La banca giapponese aumenta gli aiuti e lascia più volatilità ai bond. I mercati temono il peggio

Tokio rafforza il bazooka. Ma le Borse si spaventano

L'ultimo giapponese nella giungla monetaria non si arrende: mentre le principali banche centrali stanno stringendo sui tassi, la Bank of Japan prosegue per la propria strada. Anche se ieri alla Borsa di Tokyo, crollata a fine seduta del 2,5%, non pochi si sono convinti del sol calante sull'Abenomics, la politica economica ultra-espansiva dell'ex premier Shinzo Abe, assassinato lo scorso luglio. Colpa dell'annuncio, giudicato scioccante, con cui la BoJ ha comunicato la modifica alla politica di controllo della curva dei rendimenti (Ycc), un meccanismo introdotto nel settembre 2016 per risvegliare l'inflazione. In pratica, ai rendimenti del bond decennale (Jbg) viene consentito un'oscillazione, rispetto all'obiettivo dello 0%, non più di soli 25 punti, ma di 50, in entrambi i sensi.

La mossa è stata giustificata con l'esigenza di «lubrificare» un segmento dove a malapena un'obbligazione passa di mano, ma i mercati l'hanno interpretata come il primo passo in direzione di un restringimento delle maglie monetarie, nel 2023. Il governatore della banca nipponica, Haruhiko Kuroda, ha provato a gettare acqua sul fuoco sottolineando come la decisione non equivalga «a un aumento dei tassi» (il costo del denaro è rimasto invariato a -0,1%) e come sia «troppo presto per discutere dell'uscita dalle misure di stimolo», ma niente: Nikkei ko, balzo di oltre il 3% dello yen su dollaro ed euro, rendimenti dei titoli di Stato in rialzo ovunque, Italia compresa dove i Btp sono saliti fino al 4,45%, mentre i tassi dei Jbg sono balzati al livello più alto dal 2015.

Poi, quasi di colpo, le tensioni si sono stemperate e si è cominciato a ragionare sul fatto che ieri la BoJ ha anche contestualmente deciso di alzare, a partire da gennaio e fino a marzo, a 9mila miliardi di yen (circa 65 miliardi di euro), da 7.300 miliardi, il suo piano di acquisto titoli. Il quantitative easing resta quindi in piedi, nonostante in pancia all'istituto centrale vi sia più del 50% dei titoli sovrani in circolazione. La banda allargata di oscillazione sul decennale dovrebbe consentire all'istituto di acquistare meno bond per calmierarne i rendimenti. Ciò spiegherebbe perché lo yen, anziché indebolirsi, si sia rafforzato.

Gli analisti escludono che Tokyo si appresti a cambiare registro alla politica monetaria. Al contrario, preferiscono mettere l'accento sulle preoccupazioni di Kuroda circa il deterioramento della forza della ripresa e sul tonfo subìto dallo yen da inizio anno. Una vera iattura per un Paese che importa materie prime e che con i rincari causati dalla guerra in Ucraina vede le imprese in seria difficoltà per sopportarne i costi.

«L'allargamento della fascia è stato inquadrato come una mossa per migliorare la funzionalità del mercato - spiega la National Australia Bank - , ma implicitamente si potrebbe sostenere che la banca ora ha una preferenza per uno yen più forte».

Insomma: se proprio si vuol pensare male, la BoJ fa il falco, ma soltanto a metà.

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