
La linea tra Washington e Pechino sul fronte dazi continua a essere disturbata. Mentre il presidente statunitense Donald Trump professa ottimismo in un'intervista concessa al Time, indicando di aver parlato telefonicamente con Xi Jinping e confidando in un'intesa nelle prossime tre-quattro settimane, dalla Cina i segnali sono tutti improntati alla cautela.
«Non stiamo conducendo alcuna consultazione o negoziazione sui dazi. Gli Stati Uniti dovrebbero smettere di creare confusione», è stata la risposta dell'ambasciata cinese a Washington sui social media a quanto detto da Trump. Nel frattempo, il gigante asiatico sta mettendo appunto piani di emergenza per prevenire gli choc esterni dovuti in particolare alla guerra commerciale innescata dagli Usa. «È essenziale rafforzare sia la riflessione sui risultati finali sia quella sugli scenari estremi, con una forte attenzione alla prevenzione e al disinnesco dei rischi commerciali», ha riferito il ministero del Commercio. Dalla riunione di ieri del Politburo, massimo organo decisionale del Partito comunista cinese, è emersa l'intenzione di portare avanti un approccio pazienze andando a migliorare la cassetta degli attrezzi politici per stabilizzare l'occupazione e l'economia. Nonostante la retorica della linea ferrea, Pechino sta valutando la possibilità di esentare alcune importazioni statunitensi dai suoi dazi del 125%, una mossa che consentirebbe di alleviare le ricadute della guerra commerciale su alcuni settori.
Lato Stati Uniti, il colosso Apple si prepara intanto a ridurre la dipendenza dalla Cina spostando in India l'assemblaggio di tutti gli iPhone venduti negli Usa già a partire dall'anno prossimo.
Le ricadute sull'economia dell'escalation delle tensioni commerciali si faranno sentire a livello globale. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha spiegato nel suo intervento al meeting del Fondo Monetario Internazionale che l'imposizione di dazi ha creato forti venti contrari per l'economia globale.
«L'aumento dell'incertezza sulle politiche è senza precedenti e sta pesando sugli investimenti. I rischi di rallentamento si sono intensificati», ha sottolineato la numero uno dell'Eurotower. Le ha fatto eco l'Fmi con Alfred Kammer che ha posto l'accento sulle ricadute per l'economia Ue. Da Washington è arrivato l'apprezzamento del Fmi al lavoro del governo sul Pnrr («buoni progressi») con gli anni a venire che potranno essere sfruttati per accelerare le riforme strutturali interne.
Ai lavori del Fmi era presente anche il ministro dell'Economia Giorgetti che a margine dell'incontro con il segretario al Tesoro Scott Bessent ha affermato che ci sono i presupposti per trattare sui dazi con gli Stati Uniti: «C'è lo spirito giusto. C'è un'apertura da parte loro come c'è un'apertura da parte nostra». «Forse è il caso ha aggiunto - che si faccia un big deal fra Europa e Stati Uniti, cioè che si considerino tutti gli aspetti in discussione e non semplicemente quello sui dazi». Giorgetti è poi tornato sull'utilizzo del Golden Power nel risiko bancario: «C'è una legge approvata col governo Draghi che io ho votato e che prevede che il governo debba valutare l'interesse nazionale.
Qui (negli Usa) ho capito che l'interesse nazionale risponde a un concetto abbastanza virile anche in materia di sicurezza economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un più lasco. Io li invidio gli americani».
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